giovedì 19 settembre 2013

STORIA DELL'ALIMENTAZIONE VALTELLINESE- la vendemmia

E' ancora vendemmia

La coltivazione della vite nella provincia di Sondrio ha sempre interessato quasi tutti i comuni del fondovalle con vigne al piano e a monte (ronco) dando prodotti di qualità completamente diversi . " Vin de Cos, Delebi e Piantée bon da lavas i pée... " (vino di Cosio, Delebio e Piantedo è buono per lavarsi i piedi) diceva un vecchio proverbio proprio per dimostrare la qualità scadente dei vigneti dei paesi della sponda non soliva della Valtellina (Marocch).
 
L'elevata qualità del vino del ronco ne permetteva una vendita redditizia, mentre il vino del piano, di qualità scadente, veniva utilizzato per l'auto consumo; si beveva anche la vinesa, derivante dalle vinacce torchiate messe in acqua per diversi giorni.
 
Ma indipendentemente dalla localizzazione della vigna le varie tecniche culturali e di produzioni non sempre davano un prodotto eccezionale. Si racconta che molti contadini dovendo vendere il loro vino facessero cortesemente assaggiare ai  compratori abbondanti porzioni di formaggio vecchio riuscendo così a nascondere tutti i difetti della bevanda.
 
La cultura del vigneto appartiene comunque alla sponda soliva, a tutto quel territorio, da Traona a Tirano, dove il contadino valtellinese è riuscito ad inventare la viticoltura sostituendo la nuda roccia con terreno trasportato a spalla , creando piccoli terrazzamenti con la costruzioni di muri a secco. Un patrimonio di grandissimo valore ambientale che ancora oggi permette la produzione dei famosi vini della Valtellina.
 
Una coltivazione precisa, fatta di giornate dedicate alla potatura, alla legatura dei tralci con i rami di salice, alla zolfatura fatta utilizzando la pompa a spalla, alla "sgarzolatura", una potatura verde che permette una miglior crescita dei rami con grappoli, fino ad arrivare alla vendemmia che conclude la faticosa stagione dedicata alla vite.
 
"Giorni di vendemmia, giorni di festa" si diceva; una festa corale fatta di raccolta, di trasporto, di continui e faticosi scendere ed arrampicarsi per le varie scalinate dei muretti. Ma anche un'occasione per stare insieme, per cantare; un momento di socializzazione che culminava con il pranzo collettivo nelle case rurali collocate strategicamente tra i vigneti. Erano principalmente le donne che cantavano, famose quelle di Triangia per i "gigui" grida di auto compiacimento che venivano fatte alla fine di ogni canzone.
 
Gli uomini difficilmente cantavano, con le gerle colme di uva e con le pesanti brente in legno non potevano distrarsi dovendo con notevole equilibrio camminare tra gli stretti e ripidi sentieri per portare il prodotto ai piedi del vigneto dove grossi tini caricati su carri attendevano di esser riempiti.
 
La festa della vendemmia si concludeva con la pigiatura: le ragazze abbandonando il loro pudore entravano nei tini ed iniziavano la spremitura dell'uva con i piedi, mostrando con naturalezza le gambe bianche fino alle cosce. E così nascevano quei vini, Sassella ,Grumello, Inferno, che hanno reso famosa la Valtellina. Si produceva anche lo "sfurzat", lasciando appassire le uve sui graticci per almeno due mesi prima della pigiatura in modo di aumentare la concentrazione di zucchero, riuscendo così ad arrivare a gradazioni superiori ai 15 gradi. Lo sforzato era un vino nobile che veniva consumato solo in occasioni particolari, qualcuno addirittura lo considerava un ricostituente da bersi a piccoli sorsi solo in caso di malattia.

martedì 3 settembre 2013

STORIA DELL'ALIMENTAZIONE VALTELLINESE - i dolci.

Eppure c'erano anche i dolci

Lo zucchero è sempre stato un alimento da utilizzarsi con parsimonia; solo in occasioni particolari la donna più anziana della famiglia (la regiura) ne estraeva alcune piccole cucchiaiate da un sacchetto di tela. Eppure sfogliando le pagine della storia alimentare troviamo vari dolci che hanno allietato le feste di tutti i bambini della valle.
 
La bisciola (panun) preparato con un impasto di pane ,fichi secchi ( i fichi delle vigne fatti essicare al sole, infilzati sui tralci sechi della vite), noci, nocciole, castagne rappresentava il dono natalizio che generalmente i bambini ricevevano dal padrino di battesimo.
 
La cupéta era invece il dolce dei santi, a Bormio per S. Lucia, a Morbegno per S. Antonio, a Sondalo per S. Agnese; si prepara facendo cuocere il miele per circa venti minuti e si aggiungono noci triturate finemente (la leggenda vuole che a Grosio questa triturazione venisse fatta dalle grosine con i denti), poi si toglie dal fuoco, si stende il composto su una cialda di ostia e si ricopre il tutto con un'altra cialda. Dopo una leggera schiacciatura si lascia raffreddare e si taglia in pezzetti rettangolari.
 
Il carnevale era la classica occasione per preparare alcuni dolci per i bambini: le famose frittelle che a seconda della zona prendevano un nome diverso. A Bormio i manzoli, simili alle chiacchiere, preparate con farina, uova , burro alcune volte una spruzzatina di liquore, cotte nello strutto ee infine spolverizzate di zucchero.
 
Nella media valle la cutizza, frittella preparate con una pastella di latte e farina che avvolge una fetta di mele e fritta nello strutto. Un frittellone particolare si faceva e si fa a Sondalo. Il curnat preparato con un impasto di farina, acqua o latte, uova ,zucchero e cotto poi in padella con lo strutto o anche cotto direttamente sulla pioda (curnat su la piata).

 Sempre a Sondalo alcuni anziani preparano ancora oggi la squisita papa de cunfecc, una densa pappa di farina tostata con latte e le bacche mature del sambuco.
 
 Il mulun si preparava nella zona di Talamona facendo cuocere castagne secche e fagioli nel latte fino ad arrivare ad avere una specie di polenta abbastanza dura che si tagliava a fette. Oggi questa antica ricetta è stata arricchita, le fette di mulun vengono coperte di panna assumendo le sembianze del più famoso Monte Bianco, dolce preparato con farina di castagne.
 
In Val Chiavenna è ancora ricercata ed apprezzata la torta di fiorett, torta fatta con farina bianca, acqua, uova, zucchero spolverizzata con semi di anice e di sambuco. A Lanzada si ricordano la rinomata torta di noci e miele e gli oss de mord (ossa da mordere e non ossa dei morti) biscotti di farina bianca, mandorle, zucchero,chiara d'uovo e qualche chiodo di garofano.
 
Naturalmente non si possono dimenticare i famosi Biscoutin de Prost, fatti con farina, zucchero e burro miscelati in proporzioni diverse in una antica ricetta tenuta ancora oggi gelosamente segreta dai proprietari del famoso mulino di Prosto di Piuro.