lunedì 28 settembre 2015

UNA FAMIGLIA UNITA NEL NOME DELLA TRADIZIONE


Azienda Pizzo Scalino.
Già nella scelta del nome c’è sicuramente il desiderio di valorizzare un luogo, una valle: la Valmalenco, ricca di pascoli, un territorio dove la vitalità agricola è particolarmente presente. 
Azienda Pizzo Scalino della famiglia Nani con padre Leonardo, mamma Carla, i figli Giulia, Francesco, Ida, Cristina… tutti uniti per la produzione di un latte di qualità, condizione indispensabile per creare formaggi che rispettano la vera tradizione casearia della valle.

La stalla, da poco realizzata lontano dal paese, è il regno di Francesco, giovane perito agrario. Ci sono settanta vacche, solo Brune “… perché rappresentano la nostra storia, la nostra tradizione, perché in alpeggio sono le migliori e allora che motivo c’è di cambiare razza? Per avere un po’ più di latte? Ma poi la qualità? Il latte delle brune è sempre stato il migliore per la produzione dei formaggi di montagna soprattutto per i valori delle proteine, dei grassi, della caseina…”
E alcune di quelle vacche hanno avuto importanti premi e riconoscimenti a diverse edizioni del concorso nazionale delle Brune a Verona, dove Francesco le porta spesso con orgoglio, non tanto per vincere, ma per avere un confronto con altri produttori, amanti delle brune. 

L’alimentazione delle bovine è fatta rigorosamente con foraggi secchi, niente insilati, niente mangimi, solo una miscela di cereali ed erba medica e in estate alcuni giorni nei maggenghi vicino a casa per abituare gli animali all’alimentazione verde e poi via verso l’alpeggio Campagneda, ai piedi del Pizzo Scalino, dove le Brune trovano pascoli ricchi di buonissima erba.

Giulia, la sorella maggiore, la più decisa, la più intraprendente, ma anche la più dolce, è la più socievole della famiglia. È lei la casara, è lei che trasforma il lattre di qualità delle Brune in formaggio, naturalmente sempre e solo utilizzandolo crudo.

Fra tutti il più richiesto è lo scimut, un prodotto caseario legato alla tradizione della transumanza, lo spostamento delle mandrie dal basso in alto fino all’alpeggio permettendo l’utilizzazione delle risorse foraggere in verticale con lo sfruttamento del maggengo, dei pascoli più bassi fino in alto dove la vegetazione termina.
È un formaggio semigrasso, anche magro, ottenuto togliendo la panna che affiora lentamente nelle grandi conche di rame, che può cambiare nella percentuale di grasso in base alla quantità di burro che si vuole produrre.

Nel piccolo caseificio Giulia realizza anche altri formaggi, mozzarelle, latteria, crescenze, yogurt e lo strakkino, (con due K), un formaggio erborinato, fatto a due paste, come si faceva una volta. Un formaggio con un gusto particolare, con una crosta spessa, all’interno della quale lente trasformazioni rendono la pasta morbida, che in bocca crea piacevoli sensazioni di piccantezza abbinati alla dolcezza.

La vendita dei prodotti è fatta nel piccolo spaccio a Lanzada ma Giulia, con lungimiranza, ha cercato di avvicinarsi al mercato ambulante di Sondrio, un mercato chiuso, dove difficilmente si riesce a entrare con un nuovo banco. Giulia con determinazione, presentandosi puntualmente come riserva per accumulare accrediti e tornando spesso a casa senza aver avuto la possibilità di vendere, finalmente, alcuni anni fa, è riuscita ad avere il suo posto il mercoledì e il sabato nel prestigioso mercato.

Ed è bello vederla dietro il suo banchetto tagliare con disinvoltura le forme di formaggio. Lei i formaggi li vende, ma prima li racconta, spiega le differenze di occhiatura, di colore, di consistenza, dà consigli. Racconta la sua valle, il suo alpeggio di Campagneda sotto il Pizzo Scalino, dove è prodotto anche il Bitto.

I mesi estivi in alpeggio per la famiglia Nani sono molto importanti, la ricchezza del pascolo permette di avere foraggi a volontà e tutti partecipano con passione alle pratiche alpestri con produzione di ottimi prodotti richiesti dai clienti che sanno apprezzare la fatica dell’alpeggio: il Bitto, prodotto senza fermenti, utilizzando un latteinnesto naturale prodotto in casa, il burro di alpeggio con una sfumatura di giallo e un profumo di erba di montagna, la ricotta e naturalmente lo scimut d’alpeggio, l’orgoglio di Giulia.

Nel mese di Agosto in collaborazione con il comune di Lanzada, l’azienda organizza anche l'appuntamento “dal bianco latte ", un’occasione per i turisti di trascorrere una giornata in alpeggio a stretto contatto con i caricatori d'alpe per assistere alle tradizionali fasi di lavorazione del latte, dall'accudire la mandria di mucche e vitelli, alla mungitura, per poi passare alla lavorazione del latte fino alla produzione della ricotta.
Un momento importante, soprattutto per i bambini che si muovono tranquilli in mezzo alle vacche e i vitelli, avendo la possibilità di assaggiare i prodotti e magari capire che il latte che bevono tutte le mattine deriva da una mucca che va munta due volte il giorno. Un momento importante per vedere una famiglia unita che passa tre mesi in alpeggio per perpetuare una tradizione agricola che lì, sotto il Pizzo Scalino, è sempre esistita.



 
Az. Agr.  Pizzo Scalino di Nani Leonardo
 via Ronchetti, 425
 LANZADA
 

 
 


martedì 1 settembre 2015

NELLA STALLA IL PROFUMO DI UNA VOLTA



Ventiquattro anni, perito agrario ottenuto all’Istituto Tecnico Agrario di Sondrio, Master di caseificio a Moretta in provincia di Cuneo, un importante riconoscimento ottenuto nel 2014, l’Oscar green 2014 (le dieci migliori giovani esperienze imprenditoriali della Lombardia), ma soprattutto la passione per i formaggi fatti con latte biologico, prodotto nella sua azienda.

Nicola Bongiolatti, titolare dell’azienda agricola “La Taiada” è un giovane agricoltore che finiti gli studi ha rilevato l’azienda dei genitori, continuando una tradizione storica iniziata dai nonni negli anni cinquanta in una stalla di Regoledo, piccola frazione di Berbenno.

Era una stalla con una quindicina di capi. Il latte, munto a mano con il secchio appoggiato sulla lettiera, era portato nella piccola latteria della frazione, dove i nonni a fine mese ritiravano il formaggio in base alla quantità di latte conferito. Erano le stalle dove ci si trovava dopo cena, dove il profumo del fieno si mescolava agli odori degli animali, dello stallatico. Profumi piacevoli di un’alimentazione sana fatta solo con il fieno.
 
Poi nel 1976 il padre di Nicola realizza la nuova stalla con venticinque vacche da latte, diventate cinquanta negli anni novanta, con una produzione di latte conferito alla cooperativa Colavev. Un nuovo traguardo è la certificazione biologica ottenuta nel 1998 e poi nel 2012 Nicola, fresco di studi, subentra nell’azienda con un grande sogno, realizzare un caseificio e uno spaccio di vendita per continuare la scelta biologica del padre, mettere in pratica le conoscenze e abilità maturate nel corso di formazione frequentato a Moretta e soprattutto valorizzare i formaggi di montagna.

Oggi l’azienda ha una produzione in stalla di sette quintali di latte biologico in parte venduto alla latteria di Chiuro e in parte trasformato in formaggi biologici: Valtellina casera DOP, altri formaggi a pasta cotta, formaggi freschi, mozzarelle, yogurt e il Bitto biologico che è prodotto nell’alpeggio di Prà Maslino.

La trasformazione del latte avviene nell’ampio spazio del caseificio, visibile dallo spaccio attraverso una grande vetrata, realizzata per permettere ai clienti di poter seguire le fasi della lavorazione; così il consumatore riesce a vedere la filatura della mozzarella e acquistarla appena estratta dall’acqua bollente.

È bello fermarsi nello spaccio, assaggiare i formaggi e vedere, attraverso il vetro, Nicola che mette nelle fascere la cagliata appena tolta dal siero.

“…Un buon prodotto nasce innanzitutto  dalla materia prima che noi curiamo in ogni dettaglio. Noi non diamo silomais, usiamo fieno. Le vacche sono allevate senza forzature, con una media di diciassette litri di latte al giorno. Le vacche possono arrivano a dodici lattazione, sono sane, pochissime malattie… perché per avere un buon latte, è importante dare pochissimi medicinali...”

Nel corridoio della stalla che separa gli spazi che ospitano le vacche di razza Frisona, Bruna e Pezzata Rossa, tutte derivanti dalla rimonta interna, si vede il fieno pronto per essere consumato dalle vacche integrato con una minima percentuale di cereali, ma soprattutto si sente il profumo del fieno di una volta, profumo delicato, che sa di erba essiccata al sole, di antiche fienagioni.

La quasi totalità del foraggio è prodotta attraverso i tre tagli dell’erba dei molti prati dell’azienda, ma c’è anche il recupero dei maggenghi di Berbenno, dove le manze sono lasciate pascolare libere. Animali che pascolando concimano naturalmente, rompono il cotico erboso e creano le condizioni per la crescita rigogliosa dell’erba.

E poi ci sono gli ottanta giorni in alpeggio per sfruttare una risorsa alimentare preziosa, dove viene prodotto il Bitto DOP con certificazione biologica.

Centottanta ettari di distesa erbosa, dove le vacche pascolano libere, in recinti predisposti quotidianamente, munte anche a mano nella parte più alta dell’alpeggio, dove il latte è lavorato due volte al giorno, dove i pastori utilizzano il tempo libero per la manutenzione dell’alpeggio, dove la giornata inizia alle cinque e mezza e finisce alle dieci di sera.

E Nicola non dimentica la formazione, così l’alpeggio diventa anche un’occasione di crescita professionale per alcuni studenti dell’istituto agrario di Sondrio che trascorrono alcuni mesi come stagisti in alpeggio, lavorando, imparando a mungere a mano, a fare il Bitto e la ricotta, scoprendo cosa sia la vita in alpeggio.

Il Bitto prodotto inizia la stagionatura in alpeggio, in una casera interrata che può contenere cinquecento forme e finisce in varie cantine dislocate nel comune di Berbenno prima di essere poste nella cella o nel bancone del punto vendita, insieme agli altri formaggi biologici.

Per Nicola l’alpeggio è sicuramente importante, lo dimostrano le foto appese alle pareti dello spaccio che raccontano i momenti più importanti della vita trascorsa lassù dove la vita è sicuramente dura, ma la soddisfazione di lavorare un latte diverso, che acquista valore, ne ripaga il sacrificio.

Immagini di visi felici che si alternano ai diplomi di merito degli importanti premi ottenuti in varie edizioni della Mostra del Bitto di Morbegno ma anche al concorso nazionale Grolla d’Oro di Saint Vincent per i migliori formaggi di montagna.

Formaggi biologici, allineati nel bancone dello spaccio, formaggi speciali che assaggiandoli ti lasciano in bocca sensazioni particolari: sapori di una volta, profumi di un tempo che nello spaccio dell’azienda “ La Taiada ” sembra essersi fermato.


Az. Agr. La TAIADA  di Bongiolatti Nicola
str. della Tagliata, 90
BERBENNO