lunedì 22 febbraio 2016

SONIA E ALFIO, COPPIA FELICE TRA LE ORIGINAL BRAUNVIEH


 Si scrive Original Braunvieh, ma si legge Bruna originale o OB, cioè il bovino che appartiene alla storia della zootecnia della provincia di Sondrio, quando le vacche in primavera abbandonavano il fondovalle e si muovevano lentamente tra gli stretti sentieri delle nostre montagne alla ricerca di quel foraggio che sul fondo valle scarseggiava.
Vacche con corporatura robusta, ma che si muovevano agilmente e si adattavano subito al nuovo ambiente montano, al stare all’aperto tutto il giorno e la notte, lassù dove poteva capitare anche una nevicata estiva, dove i temporali ed il freddo potevano diventare condizioni di vita per diversi giorni.

Macchie brune che si mescolavano ai colori dei pascoli alpini.
Rumori antichi di bronze di vacche tranquille che rimanevano in alpeggio per novanta giorni, accudite da ragazzini che finite le scuole passavano la loro estate lassù, dove la giornata iniziava presto e finiva tardi dopo una cena frugale.

Ma con l’introduzione della fecondazione artificiale, nella ricerca di un animale più produttivo, la Bruna Alpina subisce l'insanguamento con il ceppo statunitense Brown Swiss, che rispetto ai ceppi europei presenta una mole maggiore e una maggiore attitudine lattifera. La nuova razza è denominata Bruna, perdendo quell’Alpina che ne caratterizzava la sua attitudine a vivere in montagna.

Anche in provincia di Sondrio lentamente la Bruna Alpina scompare ed è sostituita dalla Bruna o da altre razze più produttive. Animali non sempre adatti alla vita in alpeggio.
Sono gli anni 70/80.
Sono gli anni in cui inizia l’abbandono degli alpeggi, sono gli anni in cui le macchie brune degli animali nel verde degli alpeggi sono arricchite da altri colori: il bianco, il nero e il rosso.

In un alpeggio della valle di Albaredo, Pedena, però la chiazza degli animali che si spostano nel pascolo è ancora bruna.
Lì tra i giovanissimi, mandati dai genitori a fare il cascin, c’è un ragazzino, Alfio che in poco tempo impara ad apprezzare la vita del pastore, ad amare le vacche Brune, ad apprezzare i consigli e gli insegnamenti del Guido, agricoltore Doc di Talamona, grande casaro, presidente della latteria Valenti di Talamona, attivo rappresentante della Coltivatori Diretti, vincitore di tante mostre provinciali e nazionali con le sue Brune allevate sempre con grande passione.
La persona giusta per trasferire ai più giovani la cultura contadina, per fare amare a qualche giovane una professione che in quegli anni incomincia a essere abbandonata dai più giovani. In quei verdi pascoli c’è anche Sonia, figlia di Guido, una bambina con gli occhi azzurri, una piccola Heidi che impara presto a stare in mezzo alle vacche e le capre.

Alfio cresce, studia, ma dopo il diploma di maturità ottenuto al Fiocchi di Colico e dopo un anno e mezzo di lavoro come programmatore di macchine utensili, dopo le giornate di ferie passate comunque in Pedena ad aiutare Guido, decide di cambiare lavoro.
Diventa imprenditore agricolo, alleva vacche di razza Bruna, sfruttando sempre la possibilità di passare i mesi estivi negli alpeggi della valle di Albaredo.

Poi negli ultimi anni con la moglie Sonia, (sì, la piccola Heidi dell’alpeggio Pedena) inizia l’avventura di un nuovo progetto: la nuova stalla, dove alleva una cinquantina di vacche brune originali, una ventina di capre orobiche e trasforma 5 quintali di latte al giorno nella latteria Valenti, in attesa di realizzare il nuovo caseificio adiacente alla stalla.
L’azienda Marioli-Sassella produce burro, formaggi magri, semigrassi, grassi, formaggi freschi, ricotta e naturalmente continua a portare le vacche e le capre in alpeggio a Cavisciöla, producendo il Bitto storico.

L’amore per le Brune, nato in Pedena, si concretizza  con una stalla con il 90% di bruna originale in purezza, ( unica stalla in Provincia di Sondrio) partendo da animali cercati nella vicina svizzera dove ancora è possibile trovare delle Brune alpine originali.

Una scelta motivata, condivisa dopo lunghe ricerche ma soprattutto legata ad una attività che vede nell’alimentazione naturale fatta di fieno, di erba fresca, di pascolo d’alpeggio la condizione principale per avere animali sani, per avere un latte la cui peculiarità si trasferisce nei prodotti caseari. La Bruna Originale una è vacca a duplice attitudine (latte e carne) con corporatura media, con ossatura robusta, tronco basso e bacino ampio con buona muscolatura ed una corporatura sana e robusta, con produzione media di latte di circa 50 q. a lattazione” mi dice Alfio mentre con movimenti lenti inizia a tagliare la cagliata nella grande caldaia riscaldata ancora con la legna.

In Italia"  continua con uno sguardo soddisfatto “è considerata una vacca di serie B, perché ha una produzione di latte più limitata, ma con un' alimentazione tradizionale basata sul fieno e sull’ erba si riesce ad avere un' ottima condizione corporea. Sopporta meglio lo stress dell’alpeggio, ha una longevità molto più anta, e da meno problemi dal punto di vista veterinario. La produzione è più bassa, è vero, ma io riesco ad ottenere 20 litri di latte al giorno con un’alimentazione naturale, niente insilati solo fieno ed erba e un’integrazione di mangimi di 2/3 chilogrammi nel periodo invernale
La qualità del latte è superiore, con tenore in grasso del 3,9% e in proteine del 3,3%, con anche un alto contenuto in caseina, E questo è importante per la qualità dei formaggi, del burro. I formaggi sono belli, fermi, non hanno difetti neppure in primavera.
I miei clienti li apprezzano per il sapore, per il gusto, vengono qua in latteria e si affezionano ai miei prodotti.
Le vacche stanno bene, spendo pochissimo per medicine.
La grossa differenza poi la trovo in alpeggio, queste sono vacche che mantengono la condizione corporea senza bisogno d’integrazioni. Io comincio a maggio a dare l’erba, tolgo l’integrazione. Si è vero, ho una produzione di latte più bassa ma calcolando la differenza di costo alla fine i conti tornano ugualmente, anzi forse migliorano, e quando arrivo in alpeggio, spesso le vacche aumentano la produzione.
La vacca a fine carriera ha un valore più alto si arriva a una media di 9/ 10 lattazione e la carne ha una bella resa. La carne poi è migliore come qualità, è meno infiltrata di grasso, ad esempio è particolarmente adatta per fare bresaola.
Il vitello maschio che in altre situazioni non paga i costi della fecondazione, con la bruna originale si riesce anche a prevedere un ingrassamento e a venderlo ad un buon prezzo perche ha una buona resa .”

Poi Alfio, mi parla dell’Associazione lombarda Bruna Alpina Originale di cui è presidente, del consorzio Bitto Storico, di cui è vice Presidente.
“… l’obiettivo dell’associazione è di istituire anche in Italia il Libro Genealogico della Razza bovina Bruna Originale, di promuovere la diffusione di questa razza bovina nell'ambito della montagna lombarda in considerazione del suo radicamento storico e del suo adattamento al sistema d'alpeggio anche quale elemento di caratterizzazione e di identità dei sistemi zoocaseari alpini lombardi.
Mentre parla continua l’attività quotidiana dl lavorazione del formaggio.
Nel locale adiacente Sonia sta “ formando" il burro.
E’ lei che mi racconta un altro obiettivo della loro azienda “… valorizzare tutti i prodotti caseari con un’etichetta che specifichi che il latte utilizzato deriva dalla Bruna Originale… perché è giusto che il consumatore conosca le caratteristiche dei prodotti che consuma… ”
Poi insieme, mentre mi fanno visitare la latteria e mi fanno assaggiare un favoloso Bitto e un eccezionale magro di latteria, continuano ancora a raccontarmi dell’importanza di riportare sugli alpeggi questa importante razza bovina, insieme alle capre orobiche per caratterizzare un territorio, e soprattutto per migliorare le caratteristiche produttive aziendali.




MARIOLI SONIA e ALFIO SASSELLA

produzione e vendita
via Valenti, 76, Talamona,
tel. 3382031465
 

giovedì 4 febbraio 2016

BOLLINO D'ORO PER IL VIOLINO PRODOTTO CON CARNE LOCALE ?





Tra i quattordici Presidi Slow Food della Lombardia enogastronomica, due sono prodotti nella provincia di Sondrio: il Bitto Storico e il Violino di capra.
Due prodotti che rappresentano la storia contadina più autentica che nell’arte casearia e nella lavorazione delle carni ha sempre trovato grande dedizione da parte delle generazioni passate.

Prodotti eccezionali che hanno avuto il riconoscimento del presidio, come tutti gli altri 262 in Italia, perché meritevoli di essere recuperati e salvaguardati come piccole produzioni di eccellenza gastronomica minacciate dall'agricoltura industriale, dal degrado ambientale, dall'omologazione.
Il tutto anche per ridare valore al cibo, nel rispetto di chi produce, in armonia con ambiente ed ecosistemi, grazie ai saperi di cui sono custodi territori e tradizioni locali.

E il violino, nato nel territorio della valle di S. Giacomo, dove l’allevamento delle capre ha sempre trovato una sua vocazione derivante dall’asperità dell'ambiente e stagionato rispettando una tradizione locale che vede nei crotti sparsi sul territorio il luogo ideale per la maturazione della carne, rappresenta sicuramente i fondamentali principi che devono avere i Presidi Slow Food

Il violino di capra è poi inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (PAT) della Regione Lombardia rappresentando quei prodotti di qualità i cui metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura, sono consolidati nel tempo (da almeno venticinque anni).

Eppure nel 2015, durante l’Expo, l’associazione Slow Food ha minacciato di togliere il riconoscimento al violino di capra a causa del mancato rispetto di alcune regole stabilite dal disciplinare di produzione ed in particolare di quella riguardante l’origine delle carni che deve essere locale.

Il disciplinare di produzione è sempre stato preciso: “Il violino di capra del Presidio può essere lavorato esclusivamente con le antiche tecniche tradizionali, utilizzando animali allevati allo stato semibrado nelle aree montane della provincia di Sondrio, nutriti e macellati correttamente. In particolare l’alimentazione degli animali deve essere naturale: solo erbe e piante selvatiche dei pascoli montani, integrate con farina gialla e crusca.”
Il disciplinare ha sempre escluso la possibilità di utilizzare cosce congelate provenienti da zone diverse. Corretto allora il richiamo di Slow Food per il rispetto del disciplinare, escludendo quei prodotti che niente hanno a che fare con il tradizionale prodotto decantato dal grande poeta chiavennasco Giovanni Bertacchi.

Negli ultimi giorni ecco la proposta da parte del sindaco di Chiavenna, Luca Della Bitta, per evitare la perdita del riconoscimento : un bollino d’oro per il violino prodotto con capre allevate allo stato brado negli alpeggi della Valchiavenna seguendo la lavorazione tipica del prodotto. Sempre violino, ma senza bollino, per tutti quei prodotti ottenuti con carne non locale.

Condivido la possibilità di avere un marchio di riconoscimento chiaro che possa meglio tutelare il consumatore, un bollino d’oro che specifichi che quel prodotto è un Presidio Slow Food , ma non mi convince la possibilità di chiamare violini tutti gli altri prodotti ottenuti con carne non locale.

Chiamiamoli cosce di capra secca, prosciutto crudo di capra, carne secca di capra, ma non violino.

Dietro il nome “ viulin de càvra” c’è una storia, c’è la qualità della carne di capre che pascolano nei zone impervie degli alpeggi dell’alta Valchiavenna muovendosi in continuo alla ricerca di essenze erbacee, con un elevato esercizio muscolare: bassa percentuale di acqua, poco grasse, tessitura muscolare compatta, aroma selvatico.

Dietro questo nome c’è una lavorazione tradizionale, una selezione accurata delle carni, una lenta pulizia e snervatura, una lunga stagionatura dopo la speziatura nei crotti, anzi negli anticrotti, dove ci sono un’umidità e un’aerazione più consona a una stagionatura lenta .

Dietro questo nome c’è Giovanni Bertacchi, poeta chiavennasco della fine del 1800, che lo celebra in una sua poesia, che termina con questa strofa:

Che bèl imaginasel un poeta
che l vaga per al mont cont sto strümént
e l la distribuüìsa a feta a feta
per la gola e l piasé de tanta gent…
Che bèl vedé sto violìn che l möor
per diventà na müsica del cöor.


E allora di violino ce n’è uno solo, quello fatto con le cosce delle capre lasciate libere d’estate negli alpeggi dell’alta Valchiavenna … che muore per diventare una musica del cuore.



Vedi anche il post LO STRADIVARI DELLA VALCHIAVENNA del 8 giugno 2014