Preparata
con farina di mais o di grano saraceno o più spesso con le due farine
utilizzate in proporzioni diverse a seconda delle zone, la polenta è stata la
vera protagonista della storia alimentare della provincia di Sondrio. La
preparazione della polenta iniziava alla mattina mettendo l'acqua nel paiolo,
appeso ad una catena del focolare.
Non sempre la si salava. In molte famiglie il
sale si metteva solo di domenica. Quando l'acqua iniziava a bollire si
aggiungeva a pioggia la farina, iniziando subito il rimescolamento per evitare
la formazioni di grumi. L'usanza, rimasta ancora nelle abitudini di qualche
anziano, di mettere una manciata di farina sulla superficie dell'acqua, era
giustificata dalla difficoltà di capire quando l'acqua bolliva, essendo i focolai
bui.
Era
quasi sempre un uomo che si dedicava a questa operazione perché la preparazione
richiedeva una certa fatica, dovendo tenere con una mano fermo il paiolo
dondolante e con l'altra rimestare l'impasto. Il lento e regolare mescolamento
durava circa un ora. "Per fa la polenta el ghe vol u lazzarun ..."
per far la polenta ci vuole un lazzarone, un uomo calmo, con poca voglia di
lavorare, si diceva, quasi per giustificare la perdita di tempo nella
preparazione di questo alimento.
La
polenta classica della provincia di Sondrio è piuttosto dura, rovesciata sul
tagliere deve mantenere ancora la forma del paiolo. E' definita la polenta dei
boscaioli (dei buréle). E' difficile da prepararsi perché è necessario
rimestarla con cura, senza schiacciarla, usando il matterello dall'alto verso
il basso. Risulta molto digeribile e stimola poca sete, caratteristiche
derivanti probabilmente dai tempi lunghi di cottura.
Sfogliando
le pagine della storia possiamo trovare diverse variazioni di questo piatto che
ancora oggi vengono preparate ed apprezzate in molte famiglie valtellinesi. La
taragna, preparata con farina, burro e formaggio in parti uguali. Un tempo
veniva cucinata solo in occasioni particolari: matrimoni, nelle speciali feste
che si facevano con gli operai quando si concludevano i lavori della
costruzione di una casa, nelle transumanze quando si chiedeva aiuto a parenti o
amici. In queste occasioni la taragna era fatta a regola d'arte, con una parte
del burro messo nell'acqua fredda, una parte durante la cottura ed il rimanente
alla fine assieme al formaggio grasso tagliato a fettine.
Ma i metodi di preparazione erano spesso
diversi, in alcune zone la farina veniva tostata nel burro, in altre il burro
si aggiungeva già fuso nell'acqua. La polenta taragna veniva preparata anche
con il grasso di maiale fresco (sungia), con la raspa (lo strato sotto la muffa
che si toglie dal formaggio grasso durante la pulizia), con la morcia (i
residui della cottura del burro) o con il carnisc (pezzettini di carne residui
dello strutto fuso).
Una variante della taragna è la polenta
condita con la panna, in sostituzione del formaggio. La classica polenta che
veniva offerta dal caricatore ai pastori quando si scaricava l'alpeggio. Con la
panna si può preparare anche un altro tipo di polenta, la pulénta 'n fiuur: la
farina di mais o di grano saraceno o miscelata si fa cuocere nella panna
leggermente salata. Simile alla polenta 'n fiuur è la crupa, fatta con farina
di grano saraceno, pochissima farina di mais e patate, precedentemente cotte e
schiacciate.
Il
tutto viene cotto nella panna con aggiunta finale di pezzetti di formaggio. Il
fugascin è invece una palla di polenta, con in mezzo raspa od anche formaggio.
Un tempo la si appallottolava con le mani e la si faceva arrostire sulla brace
o rosolare nella morchia per far sciogliere il contenuto. La pulénta concia si
prepara invece dividendo a cucchiaiate o a fette la polenta, cospargendola di
formaggio grattugiato e annaffiando il tutto con strutto fuso o burro
aromatizzato con cipolla.
"Deve
sempre avanzare polenta, la polenta non si deve consumare tutta calda"
diceva un detto popolare. Infatti l'utilizzazione della polenta fredda ha
permesso la realizzazione di diverse ricette che ancora oggi potrebbero essere
recuperate. Con le fettine di polenta fatte ricuocere nel latte generalmente
allungato con acqua si preparava la classica cena della sera o la colazione del
mattino. (scota mus).
l
pitutt era invece una torta fritta nello strutto, composta da patate lesse,
fettine di polenta nera e fette di formaggio. Si mangiava con insalata verde.
Infine i rustii fette di polenta e di patate rosolate nel burro o nello
strutto. Ma la polenta si mangiava anche da sola (pulenta santa). Si diceva,
poi, che la polenta si poteva mangiare con due mani o con una mano. Mangiare
polenta con una mano significava povertà, voleva dire mangiare solo polenta,
senza companatico. Nell'altra mano si teneva il formaggio o i prodotti della
macellazione del maiale.