A cinque anni Roberto passava già l'estate con i nonni in alpeggio.
Baita senza finestre dove i bambini erano costretti ad alzarsi presto, appena
il fumo della legna arsa per la lavorazione del latte si espandeva nella baita.
Ricordi di fumo ma anche di passione dei nonni per l’alpeggio, passione
tramandata al nipote Roberto che ancora oggi porta le sue vacche nello stesso
alpeggio:Teggiate.
Siamo sopra Madesimo, un nucleo di baite, dove ai primi del novecento
abitavano ancora per tutto l’anno una ventina di persone; baite in sasso,
rivestite all’interno di legno, una chiesetta, la chiesetta della Madonna della
neve. Alpeggi del Consorzio Alpe Teggiate, con radici antiche di attività che
risalgono al 1700, fatte di rispetto del territorio e passione per
l’allevamento.
Roberto, classe 1968, ha passato in questi alpeggi tutte le estati della
sua giovinezza e le ricorda con affetto, e forse con nostalgia. “…C’era un rispetto quasi sacro del
regolamento del consorzio, e le vacche appena caricate erano marchiate con una
T di Teggiate sulla schiena. Occorreva porre molta attenzione durante il
pascolo, evitando che le vacche non superassero i confini, e pascolassero nei
territori degli altri consorzi, Andossi e Monte Spluga. “Se te scapa la vaca in
te va nella condenia” e per poterla riavere occorreva pagare una multa…”
Roberto ricorda le regole ferree, ma anche la forte solidarietà, l'aiuto
reciproco tra i soci del consorzio, dove le competenze individuali erano messe
a disposizione di tutti.
Lasciato l’alpeggio, si tornava nella stalla di Prata Camportaccio, e lì,
dopo la scuola, c'era l’aiuto ai genitori nell’azienda portata avanti dalle
donne perché gli uomini lavoravano in altri settori. Il nonno muratore e il
papà operaio potevano dedicare all’azienda solo il poco tempo libero del sabato
e della domenica. Così Roberto ancora studente, deve aiutare la mamma in
azienda, nella stalla d’inverno, d’estate in alpeggio.
Dopo il diploma di geometra e alcuni anni come dipendente in uno studio
tecnico a Chiavenna, si trova a dover fare una scelta di vita. A causa della
morte dei nonni e delle precarie condizioni di salute dei genitori, l’attività
dell'azienda diminuisce, il numero delle vacche passa da venti a tre. Troppe
poche per continuare.
Roberto allora decide di intensificare l’attività, fino ad abbandonare
lo studio tecnico e dedicarsi a tempo pieno alla sua passione: la
zootecnia. Realizza una nuova stalla a
stabulazione libera, dove le vacche sono libere, non più “legate” come nella
vecchia stalla dei genitori. Ora, le sue vacche sono libere, non solo in
alpeggio, ma anche in stalla. Sono più sane, non hanno problemi agli arti, sono
anche più produttive. Un lavoro preciso nella selezione, la rimonta interna,
un' attenzione particolare all’alimentazione soprattutto al fieno prodotto in
azienda ricordando le parole del nonno che diceva sempre “…la fienagione è importantissima, il tempo deve essere assolutamente
asciutto, il fieno deve essere completamente secco, quando si porta nel fienile,
deve esserci il sole, bisogna lavorarlo poco, muoverlo poco, se no si disfa,
deve mantenere la foglia, se si lavora troppo il fieno perde la foglia e rimane
solo lo stelo che ha un valore nutritivo molto più basso….”
Oggi in stalla ci sono venti vacche in lattazione, Brune, Pezzate rosse,
una decina di vitelle e manzette, una decina di vitelloni e alcuni maiali, ma
soprattutto ci sono le venti erbate di Teggiate che permettono di avere un
latte di montagna per produrre il Bitto DOP.
Il latte della stalla è conferito in parte alla latteria di Gordona per
la produzione di formaggi a pasta semidura e burro ancora ottenuto per
affioramento nelle grandi conche di rame, in parte venduto come latte crudo e
in parte trasformato in un piccolo laboratorio in azienda per produrre formaggi
freschi, yogurt e gelato.
Il latte crudo è venduto allo spaccio con analisi fatte ogni settimana
per garantire al consumatore la massima sicurezza.
Ma manca ancora una fase importante del progetto del giovane
imprenditore: la vendita diretta.
Roberto decide di ristrutturare e ampliare le antiche costruzioni
dell'azienda agricola, cascina, stalla e fienili, mantenendone le
caratteristiche originali. Realizza una
struttura agrituristica che offre alcune camere, una vasta scelta di salette
per cenare, con forte ambientazione della cultura contadina di un tempo, ma
soprattutto un menu particolare per utilizzare i prodotti dell’azienda:
gnocchetti di Chiavenna, gnocchetti al sugo di noci con farine di castagne,
crespelle con radicchio e bitto, salumi e carni (tagliata, brasato, spezzatino
con funghi) preparate con i vitelloni macellati, torte varie, gelato.
L’idea del gelato nasce dopo aver visitato alcune agrigelaterie del
Piemonte e del Veneto. Così attrezza un piccolo laboratorio e inizia a produrre
gelati artigianali usando il latte della propria azienda e la frutta locale
acquistata da aziende vicine. Un’idea vincente che è subito apprezzata dai
clienti dell’agriturismo che concludono volentieri la loro cena con il gelato
di Roberto.
Da alcuni mesi un ultimo tassello completa il progetto, “la butega di
Munt” un piccolo negozio a Chiavenna per la vendita di tutti i prodotti
aziendali, formaggi, salumi ma soprattutto lo yogurt che è venduto sfuso.
Ed è subito successo, con diversi clienti che entrano in negozio con il
secchiellino per portare a casa lo yogurt fresco di giornata ed il gelato a
chilometro zero.
Oggi Roberto si sente soddisfatto, ha realizzato il suo sogno, è
contento della scelta di vita fatta a ventitré anni, non rimpiange il
tecnigrafo dello studio tecnico di Chiavenna, ama stare nella sua stalla; passa
le sere in cucina, sempre però con il pensiero alle sue vacche. E così un
sabato sera, mentre tutti i tavoli del suo ristornate sono occupati da clienti
che degustano i suoi piatti, deve abbandonare la cucina, per il parto imminente
della vacca Pia. Un parto gemellare, due bellissime vitelline, Luna e Stella,
una soddisfazione grandissima, che gli fa dimenticare per tutta la notte le
pentole con il brasato che ha lasciato sul fuoco della sua cucina.
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