martedì 6 agosto 2013

STORIA DELL'ALIMENTAZIONE VALTELLINESE : il castagno

Una risorsa dimenticata: il castagno


Il castagno nella storia dell'economia e dell'alimentazione valtellinese ha sempre avuto un'importanza fondamentale, riuscendo ad offrire alla popolazione rurale svariate possibilità di utilizzo. Dal legname, apprezzato per le sue caratteristiche e usato per la costruzione di pali, travi, arredi ed attrezzi agricoli, alle foglie utilizzate come lettiera delle vacche e quindi riutilizzate per la letamazione dei prati, dei vigneti e dei campi.
 
 Dalla corteccia e le foglie usate come rimedio per la tosse e le malattie del raffreddamento, al frutto che ha avuto per secoli un ruolo importantissimo nell'alimentazione invernale delle popolazioni di montagna. Non si possono poi dimenticare alcune credenze popolari che attribuivano a questo frutto poteri quasi magici, come il preservarsi dall'influenza tenendo in tasca una castagna. La raccolta delle castagne iniziava nel periodo autunnale.
 
 Ogni contadino le raccoglieva nella propria selva, con un rispetto quasi sacro della proprietà. Solo dopo "i Morti" era possibile "andare a spigolare" , ma la raccolta precisa e metodica dei proprietari delle selve non lasciava molto prodotto agli spigolatori. "Ammazzare gente, spalare neve e bacchiare le piante, sono mestieri inutili" raccontava un proverbio del tempo.
 
Al di là infatti della pericolosità, la bacchiatura era considerata inutile perché la raccolta delle castagne era fatta quasi quotidianamente dai più giovani componenti della famiglia raccogliendole dai ricci caduti nella giornata precedente. Solo alla fine di ottobre venivano dedicate intere giornate nella selva ed allora tutta la famiglia partecipava a questo rito fatto di voci di bimbi e di adulti, di rumori di foglie e ricci calpestati, di svuotamento delle grosse tasche dei grembiuli utilizzate per avere le mani libere, di gerle svuotate sui balconi di legno o sui graticci della "cascina" (agraa).
 
L'agraa era una piccola costruzione in muratura divisa da una grata fatta da rami di legno posti a circa due metri dal suolo. Le castagne venivano sparse sul graticcio in uno strato di una decina di centimetri ,mentre nel locale sottostante veniva acceso un fuocherello che bruciava radici di castagno, ricci, foglie e pula delle castagne dell'anno precedente. L'essiccazione delle castagne con il calore del fumo derivante da questo fuoco lento che si teneva acceso notte e giorno permetteva di avere un prodotto con un valore nutritivo e commerciale diverso rispetto all'essiccazione al sole perché così facendo si riusciva a mantenere un più alto contenuto di zucchero e soprattutto un miglior sapore.
 
Quando le castagne erano secche si iniziava l'operazione della "pestatura" per sgusciarle, spogliarle della sansa e renderle così belle bianche. Nella cascina si faceva bollire acque e cenere in un grosso paiolo. Lo scopo era quello di riscaldare le castagne senza produrre fumo. I preziosi frutti venivano poi messi in lunghi e stretti sacchi di canapa alla cui estremità interna venivano cucite due palle di stracci e infine, con gesti ritmici alternati, gli uomini iniziavano la" battitura": una ventina di colpi su un vecchio ceppo di castagno ed ecco uscire dai sacchi le castagne bianche, pulite, senza buccia. La battitura continuava per molto tempo, un continuo riempimento e svuotamento dei sacchi alternati dal ritmico rumore dei colpi sul legno fino a quando l'agraa era completamente vuota.
 
Un ultima operazione di cernita veniva fatta più tardi durante le sere autunnali, spargendo le castagne sui grandi tavoli della cucina allo scopo di eliminare quelle marce ma anche per togliere i residui di sansa (camicia) ancora attaccati al frutto. Le castagne erano così pronte per diventare la più importante riserva di carboidrati e proteine vegetali per tutto il lungo inverno. La cultura alimentare della castagna annovera diversi modi di preparazione. Le ballotte (farudi) quelle lessate in acqua con la buccia e consumate mordendole a metà e succhiando poi le due parti, le bruciate (i braschée) arrostite in apposite padelle col fondo bucherellato direttamente sul fuoco e coperte alla fine con foglie di verza per renderle più morbide (masarà). La preparazione dei braschée era una festa ed accompagnava sempre i momenti particolari della cultura contadina: vendemmia, torchiatura, la feste del paese, eventuali battesimi...





Mulun, piatto tipico di Talamona preparato con fagioli e castagne.
 
 
La vera risorsa alimentare delle famiglie contadine erano le castagne secche conservate accuratamente ed utilizzate per tutto l'inverno. Cotte nell'acqua, nel latte o nella minestra, consumate anche nel vino, cotte con fagioli, patate e in certi casi con ossa del maiale appena ammazzato per dare più sapore. Trasformate in farina, erano le colazioni o le cene della famiglia contadina che nella castagna ha sempre trovato una grande risorsa alimentare nelle fredde giornate invernali.