mercoledì 25 giugno 2014

QUANDO LA CUCINA DIVENTA CABARET

 
Ho assistito con interesse alle due proposte culinarie  di domenica pomeriggio organizzate a Sondrio durante la  “Bresaola Festival”: la bresaola protagonista prima nella  gara fra due amanti dei fornelli e poi nello show cooking di Andrea e Maurizio, finalisti della trasmissione  televisiva Master Chef.
 
La cucina che diventa spettacolo, presentata su un grande palco con il posizionamento di un numero elevato di sedie e con un maxi schermo che trasmette i particolari delle varie preparazioni.
 
Niente da dire sulla gara fra i due appassionati di cucina, spigliati nel rispondere alle domande dei bambini, a loro agio nella preparazione dei piatti. Grazie anche alla bravura di Stefano Masanti che ha portato un tocco di professionalità soprattutto nel momento dell’assaggio dei piatti, le ricette, un risotto ed un piatto di tagliatelle, sono riuscite a valorizzare il nostro salume in modo pulito, de-coroso, anche con eleganza.
 
Poi ecco i due giovani Master Chef : “innovativi, coinvolgenti, simpatici…  perché in cucina, come nella vita, non bisogna mai avere paura di sbagliare. E se si sbaglia: chissenefood” recita la pagina del programma dedicata a loro.
 
Ma l’innovazione in cucina non può essere sinonimo di chi se ne frega,  l’innovazione deve comun-que rispettare un territorio, una tradizione, un prodotto e allora non si può innovare snaturando le peculiarità del prodotto presentando ricette strane tanto per riuscire a stupire.
 
Sicuramente due  bravi cabarettisti, simpatici ( piacevole la bres-ola dedicata alla squadra italiana di calcio), ma mediocri in cucina, confermando  ( vedi il mio post del 15.06.2013  ) che per dimostrare di essere un bravo chef non basta aver partecipato a Master Chef, occorre una conoscenza appro-fondita della cultura alimentare, dei vari prodotti e soprattutto del  territorio dove si è ospitati.
 
Si è sempre cercato di promuovere la bresaola come un salume magro, dietetico, con un gusto delicato. Invece ecco che viene presentata una ricetta dove i classici involtini di bresaola con il ca-prino vengono impanati, fritti, presentati su una corteccia ed accompagnati da una salsa di yogurt alla senape, consigliando per la preparazione uno yogurt greco (alla faccia del chilometro zero).
 
E così la morbidezza diventa secchezza,  la magrezza diventa untuosità. Non so quale possa essere il sapore di quell’involtino a contatto con il tannino della corteccia, ma non credo che questo  accorgi-mento possa essere riuscito ad aumentarne la delicatezza. 
 
Spettacolarizzare la cucina può sicuramente essere utile per promuovere  le eccellenze agroalimen-tari  di un territorio.
Personaggi disinvolti come Stefano e Maurizio possono essere di grande aiuto per valorizzarle.
Ma la  cucina che fa spettacolo non può solo stupire, non può  dimenticare  le  caratteristiche pecu-liari del prodotto e soprattutto non può snaturarle con un irriverente chissenefood.

domenica 8 giugno 2014

LO STRADIVARI DELLA VALCHIAVENNA



Qualcuno lo chiama lo Stradivari della gastro-nomia italiana, qualcuno più semplicemente il viulin de càvra, ma per i buongustai è sicura-mente  un prodotto eccezionale che merita di essere assaporato dopo averne affettati alcuni riccioli utilizzando il lungo coltello e tenendo appoggiato il salume alla spalla come se stessimo suonando un brano.

Sì perché questo salume, che è prodotto con la coscia e la spalla di capra, ha la forma del violino, con la zampa che ne diventa il manico e la parte del muscolo la cassa dello strumento musicale. Il tradizionale affettamento con il lungo coltello, tenendo appoggiato il salume alla spalla, assomiglia al movimento che i violinisti compiono durante l’esecuzione di un brano. Ma la musica viene dopo, quando si mettono in bocca quelle piccole fette di carne, quando la saliva le scioglie e la sinfonia dei sapori appare delicatamente per farsi poi più intensa.

La lavorazione del violino di capra inizia con la scelta accurata della materia prima: coscia ( viulin de càvra) o spalla ( spaleta de càrna seca) di capre di razza locali quali la Frontalasca e Orobica allevate allo stato brado negli alpeggi valchiavennaschi, animali nutriti genuinamente con erbe e piante alpine e, se necessario, con farina gialla e crusca, come cita il disciplinare sottoscritto dai tre produttori che perpetuano una tradizione . Ed è proprio il rispetto di questa alimentazione genuina  e  delle tecniche tradizionali di produzione che conferisce alla carne un sapore speziato e selvatico unico nel suo genere.
Dopo la rifilatura che consiste nell’eliminazione del grasso e dei nervi superficiali, le cosce vengono salate singolarmente e rigorosamente a mano;  la concia prevede l’utilizzo di sale , pepe, e spezie varie che andranno a formare la salamoia con i liquidi rilasciati dalla carne. La lavorazione prevede l’eventuale aggiunta di vino e non prevede utilizzo di conservanti o additivi chimici.

Il periodo di permanenza nella sala-moia dura circa 15 giorni , durante i quali i tagli di carne  vengono mas-saggiati e mossi per far penetrare  la concia all’interno della massa musco-lare.

Segue la stagionatura, importante fase per lo sviluppo degli aromi e dei sapori tipici del prodotto, che dura circa tre mesi fino anche ad un anno, in cantina ad una temperatura di 10/12 gradi  con un’umidità dell’80%.
I più saporiti sono quelli stagionati a lungo, lentamente in modo naturale, nei crotti o addirittura nell’anticrotto, dove ci sono un’umidità e un’aerazione più consona a una stagionatura lenta .
Va ricordato che la stagionatura deve essere particolarmente curata, perche il violino, a differenza del prosciutto crudo non è ricoperto di grasso e cotica e la carne è quindi a contatto con l’aria, senza protezione.
La tradizione vuole che il violino sia consumato alle cene di Natale e a Capodanno e che passi di mano in mano in modo che ogni commensale ne affetti una porzione, continuando il giro fino a quando e finto, accompagnadolo con il pane di segale e un buon bicchiere di Valtellina.
E allora quelle fettine di carne di colore vivo tendente al bordeaux, dal sapore intenso che unisce il  selvatico della capra allo speziato delle erbe utilizzate nella concia  diventano una  sinfonia creando un’atmosfera che solo uno Stradivari  può creare.