Qualcuno lo
chiama lo Stradivari della
gastro-nomia italiana, qualcuno più semplicemente il viulin de càvra, ma per i buongustai è sicura-mente un prodotto eccezionale che merita di essere
assaporato dopo averne affettati alcuni riccioli utilizzando il lungo coltello e
tenendo appoggiato il salume alla spalla come se stessimo suonando un brano.
Sì perché
questo salume, che è prodotto con la coscia e la spalla di capra, ha la forma
del violino, con la zampa che ne diventa il manico e la parte del muscolo la
cassa dello strumento musicale. Il tradizionale affettamento con il lungo
coltello, tenendo appoggiato il salume alla spalla, assomiglia al movimento che
i violinisti compiono durante l’esecuzione di un brano. Ma la musica viene
dopo, quando si mettono in bocca quelle piccole fette di carne, quando la
saliva le scioglie e la sinfonia dei sapori appare delicatamente per farsi poi
più intensa.
La lavorazione del violino di capra
inizia con la scelta accurata della materia prima: coscia ( viulin de càvra) o
spalla ( spaleta de càrna seca) di capre di razza locali quali la Frontalasca e
Orobica allevate allo stato brado negli alpeggi valchiavennaschi, animali
nutriti genuinamente con erbe e piante alpine e, se necessario, con farina
gialla e crusca, come cita il disciplinare sottoscritto dai tre produttori che
perpetuano una tradizione . Ed è proprio il rispetto di questa alimentazione
genuina e delle tecniche tradizionali di produzione che
conferisce alla carne un sapore speziato e selvatico unico nel suo genere.
Dopo la rifilatura che consiste
nell’eliminazione del grasso e dei nervi superficiali, le cosce vengono salate
singolarmente e rigorosamente a mano; la
concia prevede l’utilizzo di sale , pepe, e spezie varie che andranno a formare
la salamoia con i liquidi rilasciati dalla carne. La lavorazione prevede
l’eventuale aggiunta di vino e non prevede utilizzo di conservanti o additivi
chimici.
Il periodo di permanenza nella
sala-moia dura circa 15 giorni , durante i quali i tagli di carne vengono mas-saggiati e mossi per far penetrare
la concia all’interno della massa
musco-lare.
Segue la stagionatura, importante
fase per lo sviluppo degli aromi e dei sapori tipici del prodotto, che dura circa
tre mesi fino anche ad un anno, in cantina ad una temperatura di 10/12
gradi con un’umidità dell’80%.
I più saporiti sono quelli
stagionati a lungo, lentamente in modo naturale, nei crotti o addirittura nell’anticrotto,
dove ci sono un’umidità e un’aerazione più consona a una stagionatura lenta .
Va ricordato che la stagionatura
deve essere particolarmente curata, perche il violino, a differenza del
prosciutto crudo non è ricoperto di grasso e cotica e la carne è quindi a
contatto con l’aria, senza protezione.
La tradizione vuole che il violino sia
consumato alle cene di Natale e a Capodanno e che passi di mano in mano in modo
che ogni commensale ne affetti una porzione, continuando il giro fino a
quando e finto, accompagnadolo con il pane di segale e un buon bicchiere di
Valtellina.
E allora quelle fettine di carne di colore vivo tendente al bordeaux,
dal sapore intenso che unisce il selvatico della capra allo speziato delle erbe
utilizzate nella concia diventano una sinfonia creando un’atmosfera che solo uno
Stradivari può creare.
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