Il castagno nella storia
dell'economia e dell'alimentazione valtellinese ha sempre avuto un'importanza
fondamentale, riuscendo ad offrire alla popolazione rurale svariate possibilità
di utilizzo. Dal legname, apprezzato per le sue caratteristiche e usato per la
costruzione di pali, travi, arredi ed attrezzi agricoli, alle foglie utilizzate
come lettiera delle vacche e quindi riutilizzate per la letamazione dei prati,
dei vigneti e dei campi.
Dalla corteccia e le foglie usate come rimedio per la
tosse e le malattie del raffreddamento, al frutto che ha avuto per secoli un
ruolo importantissimo nell'alimentazione invernale delle popolazioni di
montagna. Non si possono poi dimenticare alcune credenze popolari che
attribuivano a questo frutto poteri quasi magici, come il preservarsi
dall'influenza tenendo in tasca una castagna. La raccolta delle castagne
iniziava nel periodo autunnale.
Ogni contadino le raccoglieva nella propria
selva, con un rispetto quasi sacro della proprietà. Solo dopo "i
Morti" era possibile "andare a spigolare" , ma la raccolta
precisa e metodica dei proprietari delle selve non lasciava molto prodotto agli
spigolatori. "Ammazzare gente, spalare neve e bacchiare le piante, sono
mestieri inutili" raccontava un proverbio del tempo.
Al di là infatti
della pericolosità, la bacchiatura era considerata inutile perché la raccolta
delle castagne era fatta quasi quotidianamente dai più giovani componenti della
famiglia raccogliendole dai ricci caduti nella giornata precedente. Solo alla
fine di ottobre venivano dedicate intere giornate nella selva ed allora tutta
la famiglia partecipava a questo rito fatto di voci di bimbi e di adulti, di
rumori di foglie e ricci calpestati, di svuotamento delle grosse tasche dei
grembiuli utilizzate per avere le mani libere, di gerle svuotate sui balconi di
legno o sui graticci della "cascina" (agraa).
L'agraa era una
piccola costruzione in muratura divisa da una grata fatta da rami di legno
posti a circa due metri dal suolo. Le castagne venivano sparse sul graticcio in
uno strato di una decina di centimetri ,mentre nel locale sottostante veniva
acceso un fuocherello che bruciava radici di castagno, ricci, foglie e pula
delle castagne dell'anno precedente. L'essiccazione delle castagne con il
calore del fumo derivante da questo fuoco lento che si teneva acceso notte e
giorno permetteva di avere un prodotto con un valore nutritivo e commerciale
diverso rispetto all'essiccazione al sole perché così facendo si riusciva a
mantenere un più alto contenuto di zucchero e soprattutto un miglior sapore.
Quando le castagne erano secche si iniziava l'operazione della
"pestatura" per sgusciarle, spogliarle della sansa e renderle così
belle bianche. Nella cascina si faceva bollire acque e cenere in un grosso
paiolo. Lo scopo era quello di riscaldare le castagne senza produrre fumo. I
preziosi frutti venivano poi messi in lunghi e stretti sacchi di canapa alla
cui estremità interna venivano cucite due palle di stracci e infine, con gesti
ritmici alternati, gli uomini iniziavano la" battitura": una ventina
di colpi su un vecchio ceppo di castagno ed ecco uscire dai sacchi le castagne
bianche, pulite, senza buccia. La battitura continuava per molto tempo, un
continuo riempimento e svuotamento dei sacchi alternati dal ritmico rumore dei
colpi sul legno fino a quando l'agraa era completamente vuota.
Un ultima operazione
di cernita veniva fatta più tardi durante le sere autunnali, spargendo le
castagne sui grandi tavoli della cucina allo scopo di eliminare quelle marce ma
anche per togliere i residui di sansa (camicia) ancora attaccati al frutto. Le
castagne erano così pronte per diventare la più importante riserva di
carboidrati e proteine vegetali per tutto il lungo inverno. La cultura
alimentare della castagna annovera diversi modi di preparazione. Le ballotte
(farudi) quelle lessate in acqua con la buccia e consumate mordendole a metà e
succhiando poi le due parti, le bruciate (i braschée) arrostite in apposite
padelle col fondo bucherellato direttamente sul fuoco e coperte alla fine con
foglie di verza per renderle più morbide (masarà). La preparazione dei braschée
era una festa ed accompagnava sempre i momenti particolari della cultura
contadina: vendemmia, torchiatura, la feste del paese, eventuali battesimi...
Mulun, piatto tipico di Talamona preparato con fagioli e castagne.
Mulun, piatto tipico di Talamona preparato con fagioli e castagne.
La vera risorsa alimentare delle famiglie contadine erano le castagne secche
conservate accuratamente ed utilizzate per tutto l'inverno. Cotte nell'acqua,
nel latte o nella minestra, consumate anche nel vino, cotte con fagioli, patate
e in certi casi con ossa del maiale appena ammazzato per dare più sapore.
Trasformate in farina, erano le colazioni o le cene della famiglia contadina
che nella castagna ha sempre trovato una grande risorsa alimentare nelle fredde
giornate invernali.