La coltivazione della vite nella
provincia di Sondrio ha sempre interessato quasi tutti i comuni del fondovalle
con vigne al piano e a monte (ronco) dando prodotti di qualità completamente
diversi . " Vin de Cos, Delebi e Piantée bon da lavas i pée... "
(vino di Cosio, Delebio e Piantedo è buono per lavarsi i piedi) diceva un
vecchio proverbio proprio per dimostrare la qualità scadente dei vigneti dei
paesi della sponda non soliva della Valtellina (Marocch).
L'elevata qualità del
vino del ronco ne permetteva una vendita redditizia, mentre il vino del piano,
di qualità scadente, veniva utilizzato per l'auto consumo; si beveva anche la
vinesa, derivante dalle vinacce torchiate messe in acqua per diversi giorni.
Ma
indipendentemente dalla localizzazione della vigna le varie tecniche culturali
e di produzioni non sempre davano un prodotto eccezionale. Si racconta che
molti contadini dovendo vendere il loro vino facessero cortesemente assaggiare
ai compratori abbondanti porzioni di formaggio vecchio riuscendo così a nascondere tutti i difetti della bevanda.
La cultura del vigneto appartiene
comunque alla sponda soliva, a tutto quel territorio, da Traona a Tirano, dove
il contadino valtellinese è riuscito ad inventare la viticoltura sostituendo la
nuda roccia con terreno trasportato a spalla , creando piccoli terrazzamenti
con la costruzioni di muri a secco. Un patrimonio di grandissimo valore
ambientale che ancora oggi permette la produzione dei famosi vini della
Valtellina.
Una coltivazione precisa, fatta di giornate dedicate alla potatura,
alla legatura dei tralci con i rami di salice, alla zolfatura fatta utilizzando
la pompa a spalla, alla "sgarzolatura", una potatura verde che
permette una miglior crescita dei rami con grappoli, fino ad arrivare alla
vendemmia che conclude la faticosa stagione dedicata alla vite.
"Giorni di
vendemmia, giorni di festa" si diceva; una festa corale fatta di raccolta,
di trasporto, di continui e faticosi scendere ed arrampicarsi per le varie
scalinate dei muretti. Ma anche un'occasione per stare insieme, per cantare; un
momento di socializzazione che culminava con il pranzo collettivo nelle case
rurali collocate strategicamente tra i vigneti. Erano principalmente le donne
che cantavano, famose quelle di Triangia per i "gigui" grida di auto
compiacimento che venivano fatte alla fine di ogni canzone.
Gli uomini
difficilmente cantavano, con le gerle colme di uva e con le pesanti brente in
legno non potevano distrarsi dovendo con notevole equilibrio camminare tra gli
stretti e ripidi sentieri per portare il prodotto ai piedi del vigneto dove
grossi tini caricati su carri attendevano di esser riempiti.
La festa della
vendemmia si concludeva con la pigiatura: le ragazze abbandonando il loro
pudore entravano nei tini ed iniziavano la spremitura dell'uva con i piedi,
mostrando con naturalezza le gambe bianche fino alle cosce. E così nascevano
quei vini, Sassella ,Grumello, Inferno, che hanno reso famosa la Valtellina. Si
produceva anche lo "sfurzat", lasciando appassire le uve sui graticci
per almeno due mesi prima della pigiatura in modo di aumentare la
concentrazione di zucchero, riuscendo così ad arrivare a gradazioni superiori
ai 15 gradi. Lo sforzato era un vino nobile che veniva consumato solo in
occasioni particolari, qualcuno addirittura lo considerava un ricostituente da
bersi a piccoli sorsi solo in caso di malattia.