La notizia che l’Unione Europea vuole imporre all’Italia la modifica della legge N° 138 dell’11 aprile 1974 (divieto dell’uso del latte in polvere e concentrato nella produzione dei nostri formaggi) ha riempito le pagine dei giornali ed ha mobilitato la Coldiretti prima in una manifestazione a Roma e ultimamente in una raccolta firme per dire no alla modifica della legge.
Un no doveroso, importante, a difesa delle piccole aziende agricole ma soprattutto a difesa di una tradizione casearia millenaria che ha permesso all’Italia di avere 48 formaggi a denominazione di origine protetta (Dop) tutelati dall’Unione Europea, superando la Francia ferma a 45 e diventando così leader europeo e mondiale nella produzione casearia di qualità.
Qualità che nei nostri negozi si mischia spesso con altri formaggi fatti anche con latte in polvere provenienti da tutta Europa, soprattutto dalla Germania e dalla Francia o che altre volte non si trova nelle pizzerie dove la mozzarella utilizzata è fatta con l’integrazione del latte in polvere.
Dal punto di vista nutrizionale il latte in polvere è un prodotto sicuro, non dimentichiamo che dopo un’adeguata integrazione diventa anche l’alimento base di tantissimi neonati. In diversi yogurt viene aggiunto per aumentare la consistenza e la densità e nei formaggi per standardizzare il contenuto di grassi e di proteine.
Ma allora perché tanto scalpore? Perchè tanta paura per questo invito dell’Unione Europea a modificar la nostra legge?
Perché ovviamente il latte in polvere costa meno e permetterebbe alle grosse industrie di poter sostituire in parte il latte liquido permettendo maggior guadagno e creando i presupposti per un abbassamento del prezzo del latte già poco remunerato.
La legge 138 è una legge nazionale importante che ha consentito di tutelare territori montani, promuovere prodotti caseari unici, creare il made in Italy così importante per la nostra economia nazionale.
Acquistare un formaggio italiano vuol dire sceglierlo tra 530 tipologie ( 48 DOP e 487 formaggi tradizionali censiti dalle Regioni italiane) ottenuti secondo metodi mantenuti inalterati nel tempo da generazioni, con caratteristiche particolari derivanti da una diversità di territori, di climi, di pascoli, di razze di animali che producono latte di qualità. Una biodiversità che si riesce sicuramente a percepire mettendo in bocca un pezzetto di quel formaggio. Sono spesso piccole produzioni artigianali fatti da produttori che con sacrifici e determinazione hanno sempre anteposto la qualità alla quantità. Per la maggior parte formaggi a latte crudo, lavorato appena munto, le cui caratteristiche organolettiche riescono a regalare in bocca sensazioni uniche e che ovviamente hanno un costo maggiore rispetto ai formaggi fatti con latte in polvere o con cagliate congelate.
E se è pur vero che l’abolizione della legge 138 non interesserebbe i formaggi DOP, che continuerebbero ad essere prodotti secondo gli specifici disciplinari di produzione, rimane la tutela degli altri 483 formaggi tipici ( 13 della provincia di Sondrio) che potrebbero essere confusi con altri formaggi standardizzati, con sapori uguali prodotti dalle grosse industrie che avrebbero una scorciatoia per produrre formaggi non preoccupandosi del contesto agricolo territoriale, riuscendo ad aver un latte a un prezzo più basso. E facilmente questi formaggi andrebbero a mischiarsi con i nostri prodotti artigianali, creando confusione tra i consumatori che non sempre capirebbero i motivi della differenza di prezzo.
Già oggi sugli scaffali dei supermercati si trova di tutto, formaggi proveniente dall’estero d’indubbia qualità, con sapori indefiniti, omologati, appiattiti qualitativamente, che hanno l’unico pregio di costare poco.
Non c’è un’etichetta chiara che tuteli il consumatore, che dichiari gli ingredienti utilizzati per la produzione. Si può solo capire la provenienza del prodotto attraverso la lettura del bollino CEE, il piccolo bollino ovale stampato sulle confezioni, che indica la nazione dove risiede lo stabilimento di produzione (es. IT = Italia), seguito dal codice della Regione (es. 01 = Piemonte, 02 = Val d’Aosta 03 = Lombardia, 05 = Veneto).
Se il formaggio è fatto con una cagliata congelata proveniente dalla Polonia piuttosto che fatta anche con latte in polvere il consumatore non può saperlo.
Ma se nel bollino ovale il consumatore vede la scritta IT sa che quel formaggio è fatto con latte vero, perché in Italia la legge 138 vieta l’utilizzazione di latte in polvere e latti concentrati.
Un lavoro fatto con cura, seguendo una tradizione millenaria, da agricoltori che hanno il diritto di poter continuare a produrre e vendere a un prezzo equo i propri prodotti che generalmente non si trovano nei discount, ma si trovano negli spacci aziendali, nei mercati a chilometro zero, nei piccoli negozi di paese dove il produttore è a contatto diretto con il consumatore, dove può far assaggiare, raccontare i saperi che dietro quel formaggio ci sono.
E allora, con la legge 138, quella piccola scritta IT diventa una garanzia per il consumatore permettendogli di scegliere e soprattutto sostenere un territorio, un insieme di agricoltori che producono ancora in modo tradizionale, puntando sulla qualità del prodotto e non sulla quantità.
Una seria politica agricola europea dovrebbe cercare di valorizzare queste piccole produzioni, e non cercare di cancellarle con leggi che aiutano i business della quantità permettendo l’immissione sul mercato di poco costose produzioni industriali standardizzate.
Una seria politica agricola comunitaria dovrebbe cercare di promuovere un’informazione corretta tra i consumatori imponendo un’etichettatura precisa che specifichi tutti gli ingredienti utilizzati nella produzione del latte.
E se oggi in Valtellina ci sono ancora 63 alpeggi caricati da alpeggiatori anche giovani (21 su 63 hanno meno di 35 anni) con 5.700 capi che si nutrono anche per 90 giorno dell’erba di 17.000 ettari di pascolo vuol dire che la cultura casearia nel nostro territorio è ancora radicata e c’è ancora la volontà di una biodiversità che può essere mantenuta solo con la legge 138.
FIRMA ANCHE TU
la petizione portata avanti da Coldiretti, condivisa in provincia di Sondrio anche da Confartigianato e Confindustria, contro la liberazione, da parte dell’Unione Europea, all’utilizzo di latte in polvere nelle produzioni casearie.
Nella sede di Coldiretti o in quella di Confartigianato si può già sottoscrivere la petizione contro l’utilizzazione del latte in polvere nelle produzioni casearie. Prossimamente si potrà farlo anche in Confindustria e presso gli stand appositamente allestiti nei mercati della provincia