"Segale 100% Valtellina", è il
nuovo progetto ideato e promosso dall'Unione del Commercio del Turismo e dei
Servizi della provincia di Sondrio, con l'Associazione Panificatori e
Pasticceri attiva al suo interno, e da Coldiretti Sondrio.
Si
tratta di un progetto sperimentale che per ora ha coinvolto l’azienda agricola
Pelacchi Michele e dieci panifici distribuiti in modo omogeneo tra tutta la
provincia di Sondrio, dalla Valchiavenna a Livigno.
Il pan de ségêl a forma di ciambella, ottenuto con farina di segale 100% Valtellina sarà prodotto in un
periodo limitato, in tutti i weekend (a partire dall’ 8 dicembre 2016) fino al
5 marzo 2017, per diventare in prospettiva,
una volta disponibili maggiori quantitativi di farina, una produzione
continuativa.
L’obiettivo è sicuramente ambizioso: reintrodurre e valorizzare un’antica
coltura e produrre un tipo di pane realizzato con f
farina di segale originaria
esclusivamente della Valtellina, coltivata in modo naturale senza l’uso di fitofarmaci.
Un pane che rappresenta la nostra storia, l’artigianalità alimentare dei
nostri panificatori ma anche le peculiarità nutrizionali di un prodotto
particolarmente digeribile ricco di vitamina E, vitamine del gruppo B, sali minerali (calcio, ferro, magnesio e potassio), proteine ad alto valore biologico (aminoacidi essenziali come
lisina e treonina), fibra per il 15%.
Il progetto vuole poi riscoprire e valorizzare una coltura antica e tipica
valtellinese che purtroppo nel corso degli anni è stata abbandonata ma che ha
occupato un ruolo importante nella
storia alimentare valtellinese anche perché facilmente adattabile ai climi
freddi della nostra valle e ottimamente inseribile
nella rotazione agronomica con le patate e il grano saraceno.
Si seminava in autunno, dopo la raccolta delle patate e si mieteva in
estate lasciando il terreno libero per la semina del grano saraceno. In genere
il seme utilizzato veniva scelto trai i semi più grossi del raccolto
precedente. I semi germinavano prima del gelo invernale e dopo una decina di
giorni spuntavano dei fili verdi/rossicci. I deboli filamenti ai primi freddi e alle prime brinate del mese di
novembre si piegavano adagiandosi sul terreno, pronti ad essere coperti dalla neve durante
l’inverno.
Al risveglio primaverile le
piantine iniziavano a crescere lentamente e quando erano alte una ventina di
centimetri iniziava la pratica della sarchiatura. Era un lavoro faticoso, eseguito
quasi sempre dalle donne che operavano con la schiena ad arco e la testa sempre piegata, muovendo energicamente il sarchiello con
il manico corto. I possibili giramenti di testa
richiedevano spesso il rialzarsi lentamente, il puntare le mani sui fianchi per non
barcollare e ritrovare l'energia per riprendere il lavoro.
Dopo circa un mese si faceva
una nuova pulizia estirpando le erbacce, lentamente per non danneggiare le
piantine di segale e poi finalmente lo spettacolo della maturazione: le alte
spighe rese pesanti dai chicchi, il rosso dei papaveri, l'azzurro dei
fiordalisi. Bellissimi fiori che non si
potevano cogliere. Ai bambini era vietato per paura che potessero danneggiare i
sottili steli delle piantine.
Verso il quindici di luglio e fino ai i primi di agosto, a seconda
dell'andamento climatico e della esposizione dei campi, si svolgeva la
mietitura.
Le donne attrezzate con le falci messorie, entravano nel campo e
delicatamente, per non disperdere i chicchi sul terreno, tagliavano alla base
gli steli adagiandoli a mazzi sul terreno. Erano gli uomini che si occupavano
di formare i covoni, legarli e portarli, caricandoli nelle gerle apposite, nei
solai ben arieggiati. I covoni si mettevano in piedi, appoggiati ai muri, con
le spighe in alto. Quando i covoni erano essiccati o più precisamente quando i
chicchi non erano più scalfibili con l’unghia, era tempo di battitura. La battitura avveniva in un locale grande,
ventilato: l’aia o il solaio.
I covoni venivano sbattuti su un piano inclinato, spesso una
vecchia porta tenuta per questo uso, per far cadere i chicchi più maturi, poi venivano
slegati e allineati sul pavimento e battuti con attrezzi speciali. Dopo la
prima battitura venivano girati e ribattuti.
I chicchi venivano accumulati in un angolo di volta in volta per evitare
che la battitura potesse rovinarli. Era un lavoro polveroso, lungo, faticoso che terminava solo quando
nel grande locale si formavano due mucchi distinti di paglia e di chicchi.
La paglia veniva tritata e utilizzata per l’alimentazione del
bestiame o anche per riempire i sacconi del letto, i pagliericci usati come
materassi.
I chicchi necessitavano invece della vagliatura,
operazione delicata fatta all’aperto da donne
esperte.
Il vaglio era un cesto di vimini con due manici aperto sul davanti che
doveva essere mosso con ampi movimenti e richiedeva notevoli sforzi muscolari delle
braccia, delle spalle, del petto, del bacino e della schiena. Le donne prendevano con forza i due manici del
vaglio, contenete i chicchi di segale, lo appoggiavano al basso ventre, lo sollevavano con gesto deciso per
gettare il contenuto verso l'alto permettendo al vento di allontanare la pula e
raccoglievano i chicchi durante la caduta.
Poi c’era il problema della segale cornuta, un fungo che attaccava le
spighe trasformando alcuni chicchi in corpi duri e scuri. Era importante
separare questi chicchi che potevano creare seri problemi di salute se la
farina ne conteneva una percentuale alta.
I semi “ cornuti “ erano anche ricercati dalle farmacie, per la presenza
di un alcaloide che veniva usato per la preparazione di medicine.
Finalmente i chicchi erano pronti per essere insaccati e
conservati. Poi un po’ alla volta i sacchi si portavano al mulino, e finalmente
con la farina si iniziava a produrre al forno i brecadél che si conservavano in un posto asciutto, infilati in un palo di
legno per evitare che diventassero il pranzo dei topi.
Il rito della panificazione era lungo, con la preparazione del lievito, il portare
la farina o le pagnotte lievitate al forno per la cottura. Un altro lavoro fatto
dalle donne, ma questa è un altro capitolo della nostra storia alimentare che merita
un nuovo post.