Ho
assistito con interesse alle due proposte culinarie di
domenica pomeriggio organizzate a Sondrio durante la “Bresaola Festival”: la bresaola protagonista prima nella gara fra due amanti dei fornelli e poi nello show cooking
di Andrea e Maurizio, finalisti della
trasmissione televisiva Master Chef.
La
cucina che diventa spettacolo, presentata su un grande palco con il
posizionamento di un numero elevato di sedie e con un maxi schermo che
trasmette i particolari delle varie preparazioni.
Niente
da dire sulla gara fra i due appassionati di cucina, spigliati nel rispondere
alle domande dei bambini, a loro agio nella preparazione dei piatti. Grazie
anche alla bravura di Stefano Masanti che ha portato un tocco di
professionalità soprattutto nel momento dell’assaggio dei piatti, le ricette,
un risotto ed un piatto di tagliatelle, sono riuscite a valorizzare il nostro salume in modo
pulito, de-coroso, anche con eleganza.
Poi
ecco i due giovani Master Chef : “innovativi,
coinvolgenti, simpatici… perché in
cucina, come nella vita, non bisogna mai avere paura di sbagliare. E se si sbaglia: chissenefood” recita la
pagina del programma dedicata a loro.
Ma
l’innovazione in cucina non può essere sinonimo di chi se ne frega, l’innovazione deve comun-que rispettare un
territorio, una tradizione, un prodotto e allora non si può innovare snaturando
le peculiarità del prodotto presentando ricette strane tanto per riuscire a stupire.
Sicuramente due bravi cabarettisti, simpatici ( piacevole la bres-ola dedicata alla squadra italiana di calcio), ma mediocri in cucina, confermando ( vedi il mio post del 15.06.2013 ) che per dimostrare di essere un bravo chef non basta aver partecipato a Master Chef, occorre una conoscenza appro-fondita della cultura alimentare, dei vari prodotti e soprattutto del territorio dove si è ospitati.
Si
è sempre cercato di promuovere la bresaola come un salume magro, dietetico, con un gusto
delicato. Invece ecco che viene
presentata una ricetta dove i classici involtini di bresaola con il ca-prino
vengono impanati, fritti, presentati su
una corteccia ed accompagnati da una salsa di yogurt alla senape, consigliando per la preparazione uno yogurt greco (alla faccia del chilometro zero).
E così la morbidezza diventa secchezza, la
magrezza diventa untuosità. Non so quale possa essere il sapore di
quell’involtino a contatto con il tannino della corteccia, ma non credo che questo accorgi-mento possa essere riuscito ad aumentarne la delicatezza.
Spettacolarizzare la cucina può sicuramente essere utile per promuovere le eccellenze agroalimen-tari di un
territorio.
Personaggi disinvolti come
Stefano e Maurizio possono essere di grande aiuto per valorizzarle.
Ma la cucina che fa
spettacolo non può solo stupire, non può dimenticare le caratteristiche pecu-liari del prodotto e soprattutto non può snaturarle con un
irriverente chissenefood.