Tra i quattordici Presidi Slow Food della Lombardia enogastronomica, due sono prodotti nella provincia di Sondrio: il Bitto Storico e il Violino di capra.
Due prodotti che rappresentano la storia contadina più autentica che nell’arte casearia e nella lavorazione delle carni ha sempre trovato grande dedizione da parte delle generazioni passate.
Prodotti eccezionali che hanno avuto il riconoscimento del presidio, come tutti gli altri 262 in Italia, perché meritevoli di essere recuperati e salvaguardati come piccole produzioni di eccellenza gastronomica minacciate dall'agricoltura industriale, dal degrado ambientale, dall'omologazione.
Il tutto anche per ridare valore al cibo, nel rispetto di chi produce, in armonia con ambiente ed ecosistemi, grazie ai saperi di cui sono custodi territori e tradizioni locali.
E il violino, nato nel territorio della valle di S. Giacomo, dove l’allevamento delle capre ha sempre trovato una sua vocazione derivante dall’asperità dell'ambiente e stagionato rispettando una tradizione locale che vede nei crotti sparsi sul territorio il luogo ideale per la maturazione della carne, rappresenta sicuramente i fondamentali principi che devono avere i Presidi Slow Food
Il violino di capra è poi inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (PAT) della Regione Lombardia rappresentando quei prodotti di qualità i cui metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura, sono consolidati nel tempo (da almeno venticinque anni).
Eppure nel 2015, durante l’Expo, l’associazione Slow Food ha minacciato di togliere il riconoscimento al violino di capra a causa del mancato rispetto di alcune regole stabilite dal disciplinare di produzione ed in particolare di quella riguardante l’origine delle carni che deve essere locale.
Il disciplinare di produzione è sempre stato preciso: “Il violino di capra del Presidio può essere lavorato esclusivamente con le antiche tecniche tradizionali, utilizzando animali allevati allo stato semibrado nelle aree montane della provincia di Sondrio, nutriti e macellati correttamente. In particolare l’alimentazione degli animali deve essere naturale: solo erbe e piante selvatiche dei pascoli montani, integrate con farina gialla e crusca.”
Il disciplinare ha sempre escluso la possibilità di utilizzare cosce congelate provenienti da zone diverse. Corretto allora il richiamo di Slow Food per il rispetto del disciplinare, escludendo quei prodotti che niente hanno a che fare con il tradizionale prodotto decantato dal grande poeta chiavennasco Giovanni Bertacchi.
Negli ultimi giorni ecco la proposta da parte del sindaco di Chiavenna, Luca Della Bitta, per evitare la perdita del riconoscimento : un bollino d’oro per il violino prodotto con capre allevate allo stato brado negli alpeggi della Valchiavenna seguendo la lavorazione tipica del prodotto. Sempre violino, ma senza bollino, per tutti quei prodotti ottenuti con carne non locale.
Condivido la possibilità di avere un marchio di riconoscimento chiaro che possa meglio tutelare il consumatore, un bollino d’oro che specifichi che quel prodotto è un Presidio Slow Food , ma non mi convince la possibilità di chiamare violini tutti gli altri prodotti ottenuti con carne non locale.
Chiamiamoli cosce di capra secca, prosciutto crudo di capra, carne secca di capra, ma non violino.
Dietro il nome “ viulin de càvra” c’è una storia, c’è la qualità della carne di capre che pascolano nei zone impervie degli alpeggi dell’alta Valchiavenna muovendosi in continuo alla ricerca di essenze erbacee, con un elevato esercizio muscolare: bassa percentuale di acqua, poco grasse, tessitura muscolare compatta, aroma selvatico.
Dietro questo nome c’è una lavorazione tradizionale, una selezione accurata delle carni, una lenta pulizia e snervatura, una lunga stagionatura dopo la speziatura nei crotti, anzi negli anticrotti, dove ci sono un’umidità e un’aerazione più consona a una stagionatura lenta .
Dietro questo nome c’è Giovanni Bertacchi, poeta chiavennasco della fine del 1800, che lo celebra in una sua poesia, che termina con questa strofa:
Che bèl imaginasel un poeta
che l vaga per al mont cont sto strümént
e l la distribuüìsa a feta a feta
per la gola e l piasé de tanta gent…
Che bèl vedé sto violìn che l möor
per diventà na müsica del cöor.
E allora di violino ce n’è uno solo, quello fatto con le cosce delle capre lasciate libere d’estate negli alpeggi dell’alta Valchiavenna … che muore per diventare una musica del cuore.
Vedi anche il post LO STRADIVARI DELLA VALCHIAVENNA del 8 giugno 2014
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