Nel rapporto Italia 2017 Eurispes si evidenzia che nell’acquisto di beni alimentari gli italiani prediligono i prodotti Made in Italy (74,1%) e che il 53,1% acquistano spesso prodotti con marchio Dop, Igp, Doc. Ad essere privilegiati sono i prodotti a km zero (59,3%) e quelli di stagione ( 80,4%). Più basso invece il numero (39,4%) di chi acquista spesso prodotti biologici.
Il rapporto non specifica le motivazioni di queste scelte ma una ricerca di mercato, la Global Brand-Origin Survey realizzata da Nielsen nel 2015 ci dice che gli italiani vedono nelle produzioni tricolori soprattutto affidabilità (46%), genuinità degli ingredienti e dei processi di preparazione dei prodotti (29%). A questo si aggiunge il pensiero volto al supporto delle aziende locali con effetto positivo sull’economia del paese (61%).
Questa predilezione da parte dei consumatori per il Made in Italy è diventata un grande incentivo per i produttori per un’ attenta ricerca e valorizzazione delle materie prime italiane che spesso pubblicizzano con bandierine tricolori o diciture scritte in caratteri che spiccano tra tutte le informazioni dell’etichetta.
Una dichiarazione che in realtà non rappresenta nessuna garanzia di qualità. Dietro la bandierina italiana non c’è infatti nessun disciplinare di produzione, nessun regolamento che specifichi come è stato realizzato quel prodotto. Solo la certezza che è stato lavorato in Italia. Così sull’etichetta di un olio evo troviamo diciture diverse “prodotto con olive italiane”, “ prodotto italiano”, “ 100% italiano” o la classica bandierina tricolore. Ma dietro queste scritte non c’è nessuna garanzia di maggiore qualità, non c’e nessuna certezza che la coltivazione delle olive avvenga senza uso di fitofarmaci o diserbanti o con quantità minori rispetto a produzioni di altri stati. Solo la sicurezza che le olive sono italiane e la filiera produttiva produce lavoro agli italiani. Spesso, poi, queste diciture sono maggiormente evidenziate rispetto ad altre sicuramente più importanti come “prodotto biologico” o addirittura la bandierina italiana è più grande del logo “ “biologico” o “ igp”.
Su alcune confezioni di tonno ho trovano bandierine italiane per pubblicizzare la lavorazione del tonno avvenuta in uno stabilimento italiano ma difficilmente quel tonno è stato pescato nei nostri mari . Eppure la bandierina italiana è particolarmente evidente.
La preferenza dei prodotti italiani diventa sicuramente una grossa opportunità per l’incremento dell’occupazione in un settore, l’agroalimentare, sempre più vivo sopratutto a livello di esportazioni. E giustamente, dopo il successo dell’etichettatura dei prodotti caseari, non si può che condividere e sostenere le battaglie della Coldiretti per avere etichettature d’origine della materia prima anche per altri prodotti come pasta, riso e salumi.
L’incremento occupazionale nel settore agroalimentare passa però anche attraverso la produzione di alimenti che non sempre è possibile realizzare con materie prime italiane per la mancanza delle stesse sul nostro territorio, ma che comunque vengono lavorate in laboratori italiani.
La ricerca e l’importazione della materia prima da paesi europei o extra europei diventa allora condizione indispensabile per la continuazione e l’incremento di produzioni che garantiscono comunque occupazione.
Produzioni che per la loro storia, per la loro lavorazione tradizionale perpetuata nei secoli hanno avuto il privilegio di essere riconosciuti a livello europeo con l’IGP, indipendentemente dalla provenienza della materia prima.
Mi riferisco alla Bresaola Valtellina, salume che ha ottenuto l’IGP, proprio per la sua storia, per il suo radicamento sul territorio fatto da piccole macellerie presenti capillarmente nei nostri paesi e da industrie che mantenendo la tradizione nella lavorazione, sono riuscite a far conoscere questo salume in tutto il mondo. Un prodotto Made in Italy anche se la materia prima non è nazionale, perché tutto il processo produttivo è fatto in Italia, in Provincia di Sondrio, utilizzando maestranze italiane e perpetuando un processo produttivo che è assolutamente locale.
Il mercato della produzione della bresaola è un settore importante per l’economia della provincia di Sondrio, riuscendo ancora a creare un migliaio di posti di lavoro tra dipendenti delle varie industrie e le piccole macellerie, per la produzione di un salume che merita tutte le attenzioni particolari per la sue caratteristiche dietetiche, per la sua magrezza e la ricchezza di principi nutritivi a basso tenore calorico.
Brisaola e bresaola artigianali prodotte con carni locali, che i turisti trovano quando vengono nel nostro territorio o bresaola industriale, prodotta con carni provenienti da paesi lontani, ma comunque sempre di qualità per poter realizzare un prodotto unico, sempre più apprezzato dai consumatori attenti alle caratteristiche dietetiche dei salumi che utilizzano nei loro pasti.
Non mi sono mai scandalizzato per l’utilizzazione della carne proveniente dal mercato estero, non mi ha mai spaventato la parola Zebù, anzi ho sempre riconosciuto il valore di una carne di animali allo stato brado, per le sue caratteristiche di magrezza ma se volete anche di genuinità.
Per la bresaola IGP vengono usati tagli di prima categoria, i più pregiati e teneri, tratti esclusivamente dalla coscia di bovini di razze selezionate, preferibilmente allevati all’aperto e al pascolo e nutriti con alimenti selezionati, di età compresa tra i 18 mesi e i 4 anni. Tutto questo è scritto nel disciplinare di produzione. La qualità prima di tutto, perché tutti questi fattori contribuiscono ad assicurare carni migliori, sia dal punto di vista organolettico, ad esempio per consistenza, morbidezza, gusto, colore, magrezza e assenza di nervature, sia da quello nutrizionale ad esempio per un minor contenuto in grassi. E tutto questo indipendentemente dalla provenienza della carne, sia essa europea o del sud America.
Ho sempre acquistato la bresaola perché è un prodotto versatile, perché dietetico, perché se volete anche economico se rapportato al valore nutritivo, ma anche perché dietro quella fetta c’è una storia di generazioni, c’è un continuo affinamento di una storia antica che è iniziata tanti anni fa, di un'arte valtellinese riconosciuta anche fuori dalla nostra provincia.
Alcuni anni fa ho partecipato al Salone del Gusto di Torino. Ero stato incaricato dal Distretto Agroalimantare Valtellina e tenere alcune degustazioni relative alle eccellenze agroalimentari valtellinesi. Preparavo un piattino con alcune fette di bresaola, con il Bitto di due stagionature diverse, con il Valtellina Casera sempre di due stagionature diverse, con alcune fette di mele, e un pirottino contenete il miele. Era un modo per presentare i nostri prodotti, ma soprattutto per raccontarli. Durante una degustazione, quando ho iniziato a parlare della bresaola, sono stato interrotto da un partecipante alla degustazione che poi si è definito giornalista enogastronomico.
“Venite a presentare come eccellenza della Valtellina un prodotto fatto con carne che viene dal Sud America. Vergognatevi.” Mi ha detto alzando la voce.
Io ho subito detto che non avrei mai nascosto la provenienza della carne, ho spiegato perché la Bresaola, pur prodotta con carne brasiliana, era riuscita ad avere il riconoscimento IGP non solo per la sua storia, ma anche per la qualità del prodotto finito e poi l’ho invitato a seguire la degustazione. A chiudere gli occhi, a sentire l’odore, a masticare piano, a utilizzare la retroolfazione, a descrivere le sensazione.
Poi ho chiesto:
“ Cosa ha sentito ? il Brasile?”
Si è messo a ridere.
“ No, ho sentito la carne fresca, anche un leggero sapore di montagna” ha detto tutto serio.
“ Ecco, appunto, la Valtellina” ho risposto.
C’è stato un applauso che mi ha anche quasi commosso.
Poi ho spiegato al giornalista che il patrimonio bovino della provincia di Sondrio è di circa 30.000 capi, di cui 17.000 vacche da latte non adatte a produrre carne per la bresaola. Vacche, allevate in stalle, poche a stabulazione libera e che comunque anche se utilizzate per la produzione di bresaole riuscirebbero a coprire una percentuale bassissima di produzione.
La produzione di bresaola nel 2016 è stata di 18.000 tonnellate di cui 12.700 con indicazione IGP.
Da un bovino di 3/4 quintali si ricavano circa 50 kg. di tagli utilizzabili per produrre bresaola. Per la precisione circa 38 kg di fesa, magatello, sottofesa, noce, scamome e 12kg di punta d’anca.
Quindi solo con circa 2.000.000 di capi potremmo coprire il nostro fabbisogno di carne per produrre una bresaola valtellinese.
E non sarebbe recuperabile neanche dal mercato italiano che importa circa 318.000 tonnellate di cane fresca e refrigerata e 19.000 tonnellate di carne congelata dai paesi europei, 18.000 tonnellate di cane fresca e refrigerata e 28.000 tonnellate di carne congelate da paesi extra europei per un totale di quasi 400.000 tonnellate di carne bovina. ( dati 2016).
E allora? Non produciamo più bresaola? Chiudiamo gli stabilimenti che vedono negli ultimi anni un aumento di produzione? Licenziamo i dipendenti?
Ben venga lo zebù, bovino allevato allo stato brado, alimentato in modo naturale, con grandi spazi su cui pascolare. Carne importata dal Brasile accompagnata da severe certificazioni.
Negli ultimi giorni è stato riportato sulla stampa nazionale l’accordo tra Filiera Agricola Italiana promossa dalla Coldiretti e Rigamonti Spa per realizzare un interessante progetto con lo scopo di incrementi la produzione di bresaola prodotta con carne Italiana. L’accordo stipulato ha l’obiettivo di arrivare entro tre anni alla macellazione di almeno 30mila capi provenienti da bestiame nato, allevato e sezionato in Italia secondo regole e prezzi concordati. "Per la bresaola tutta italiana – dice Alberto Marsetti, presidente della Coldiretti di Sondrio – vogliamo arrivare presto alla produzione di 500.000 bovini all’anno. Si creerà lavoro e soprattutto verrà ricostruita la filiera della carne italiana, ormai quasi scomparsa".
Ottimo.
Una bella notizia per i consumatori ma soprattutto per l’agricoltura italiana. Sicuramente un progetto che può aumentare l’occupazione italiana in un settore, quello agricolo, che già da alcuni anni è l’unico settore in crescita occupazionale. Un progetto che forse riuscirà nel tempo a chiudere le continue polemiche che la stampa specializzata dedica al nostro salume, spesso denigrandolo solo perchè prodotto con carne straniera dimenticandosi di citare le caratteristiche organolettiche e soprattutto le caratteristiche nutritive, dietetiche del prodotto.
Ma nel frattempo continuiamo a consumare Bresaola Valtellina IGP prodotta esclusivamente con carne ricavata dalle cosce di bovino dell'età compresa fra i due e i quattro anni, con muscoli più teneri e magri rispetto a quelli nostrani, con la certezza della qualità, garantita dai numerosi controlli sanitari ed esami di laboratorio eseguiti lungo tutto il processo produttivo sul salume e soprattutto certificato dal controllo dell’ente terzo di controllo (CSQA Certificazioni)
È vero, in certi casi importare dall'estero conviene, nonostante Dazi Doganali, per garantire l'incremento della produzione.
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