martedì 2 dicembre 2014

IL MESE DELLE DELIZIE DI POLENTA: proposta riuscita di destagionalizzazione




Il granoturco non deve essere geneticamente modificato.
Deve essere essiccato in modo naturale.
Deve essere macinato a pietra.
Occorre usare la farina integrale.
La farina va conservata in luogo fresco e asciutto.
Il Paròl deve essere di rame.
Il Tarèl deve essere di legno di larice, d’alta quota.
La cottura deve avvenire mescolando a fondo continuamente per1 ora a fuoco normale e per 8 minuti a fuoco alto bruciando rùschi de làres.
Una volta pronta, la polenta va portata in tavola su una bàsla di legno di acero.
È obbligatorio consumarla con un buon bicchiere di vino rosso.
Un decalogo preciso stabilito dall’Accademmia della polenta della Val Tartano e rigorosamente seguito dai sei ristoranti che hanno aderito all’iniziativa: Albergo Ristorante “Miralago”, Agriturismo “La Bedula”, Albergo Ristorante “La Gran Baita”, Albergo Ristornate “Vallunga”, Rifugio “Il Pirata” e Rifugio “Beniamino”.

L’Accademia della Polenta, ideata da Celeste Gusmeroli, è nata in Val Tartano nel 2006 con l’obiettivo di valorizzare uno degli alimenti più antichi delle comunità alpine, da sempre alla base della vita quotidiana dei contadini-pastori della valle.

La doverosa valorizzazione della polenta, passa attraverso il ricordo di intere generazioni che l’hanno utilizzata come unico alimento contro la fame, spesso mangiata “santa” (senza companatico) o accompagnato da alimenti poveri, quasi di scarto. Qualche anziano della zona ricorda ancora “La bala de pulenta” fatta con la raspa della pulizia dei formaggi: una palla di polenta contenete all’interno la raspa, più raramente formaggio, che si appallottolava con le mani e si arrostiva sulla brace per far sciogliere il contenuto. Si racconta che un abitante di Tartano per risparmiare le spese del viaggio per recarsi in America, si portò un sacco di queste palle e sulla nave ne mangiò una al giorno rifiutando tutto il rimanete cibo.

Una storia antica fatta di fatica, di fame, con il nero paiolo appeso alla catena del focolare per la preparazione quotidiana di questo povero alimento.
Così, per non dimenticare la storia, l’Accademia della Polenta organizza da nove anni questa importante manifestazione, cresciuta di anno in anno e che ha visto in questo mese di novembre quasi 3.000 presenze nei sei ristoranti della Val Tartano.

I ristoratori hanno creato sei menù diversi, dove la polenta, presente in tutte le portate, è stata presentata in modo creativo, riuscendo ad abbinare la tradizione con l’innovazione: sformato tricolore su fonduta di formaggi d’alpe con salame nostrano; polenta e castagne con porcini, porri e stracchino; cervo in crema con polenta di granoturco rosso; bastoncini di polenta con fonduta allo zafferano; amor polenta con bavarese in salsa tiepida ai frutti di bosco.
Ma ovviamente anche piatti più tradizionali come: cropa con salame, slinzega e sottaceti; polenta cunscia con salsicce di capra; polenta taragna con salamino nostrano.
Menù ricchi, sfiziosi, abbinati a vini valtellinesi (Fondazione Foianini, cantina Nera, cantina Rainoldi) a un ottimo prezzo fisso di € 25. Senza dimenticare la possibilità di pernottare, seguendo il consiglio degli organizzatori “ mangia e bevi con i tuoi e poi dormi qui da noi”, alla modica cifra di 55 € (cena, pernottamento e prima colazione). Opportunità particolarmente apprezzata ma che purtroppo non ha potuto esaudire tutte le richieste di pernottamento per la mancanza di posti letto.

Al di là del successo delle presenze, molte da fuori provincia, credo sia importante rilevare come la manifestazione sia riuscita a proporre un’offerta turistica durante un mese sostanzialmente morto dal punto di vista turistico, dimostrando che la destagionalizzazione turistica sia possibile anche in Valtellina puntando sull’enogastronomia ma soprattutto se le strutture ricettive lavorano insieme facendo rete.
E non si può fare a meno di apprezzare il tentativo riuscito di una proloco che ha rinunciato a organizzare la possibile “sagra della polenta” con piatti e bicchieri di plastica, con servizio improvvisato, per valorizzare un piatto della nostra tradizione ma soprattutto le strutture ricettive /ristorative di un territorio.
Cosa c’è di più bello che sedersi a un tavolo ben apparecchiato, con un servizio accurato dove ogni pietanza è presentata in un piatto di ceramica, versare dell’ottimo vino in un bicchiere di vetro e poterne vedere il colore, ma soprattutto passare una serata o un pomeriggio degustando piatti a un ottimo prezzo?

 

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