Con due matite di legno giganti e i sorrisi di Paolo Ciapparelli e di Vincenzo Cornaggia, si è finalmente conclusa una lunga vicenda tra il Consorzio per la salvaguardia del Bitto storico e il
Consorzio di Tutela formaggi Valtellina Casera durata vent’anni. Alla storica firma erano presenti anche Emanuele Bertolini, presidente della Camera di Commercio di Sondrio, Luca Della Bitta, presidente della Provincia di Sondrio e Gianni Fava, Assessore Regionale all'agricoltura.
Grande soddisfazione da parte di tutti per una futura proficua collaborazione
per la giusta valorizzazione di un formaggio particolare che, indipendentemente
dalle differenze storiche e produttive, ha una caratteristica fondamentale: è un
formaggio a latte crudo prodotto esclusivamente in alpeggio e quindi apprezzato dai consumatori per questa caratteristica.
Un formaggio conosciuto
sicuramente nel mondo grazie al Consorzio per la salvaguardia del Bitto storico
e apprezzato dai tanti turisti che vengono in Valtellina e che lo possono
trovare nei negozi di prodotti tipici, nei ristoranti e
in molti agriturismi di tutta la provincia grazie ad una produzione totale che si aggira circa sulle 20.000 forme.
Durante le degustazioni tenute in provincia di Sondrio e fuori, in qualità di maestro assaggiatore ONAF, mi è capitato spesso di dover parlare del Bitto è ho sempre cercato di essere obiettivo.
Proprio all'inizio di novembre, durante una degustazione organizzata all’interno della manifestazione “Formaggi in piazza “ a Sondrio, mi è stato chiesto:
Proprio all'inizio di novembre, durante una degustazione organizzata all’interno della manifestazione “Formaggi in piazza “ a Sondrio, mi è stato chiesto:
“Che cosa è il Bitto storico?”
Ho risposto: “Il Bitto storico è
un formaggio che si produce nelle due valli del Bitto, dove storicamente è
sempre stato prodotto.
È un formaggio con
caratteristiche particolari derivanti da un disciplinare di produzione più
restrittivo, che obbliga il produttore a un’assoluta alimentazione spontanea
d'alpeggio, all’aggiunta al latte di una percentuale variabile dal 10 al 20 %
di latte di capra. Oltre ovviamente al
rispetto di una tecnica produttiva che vede nella mungitura a mano, nella
pratica del pascolo turnato, di cui il calec ne è il simbolo, e nella salatura
a secco, gli elementi fondamentali del rispetto e valorizzazione di una tradizione
produttiva nata anticamente. Il disciplinare del Bitto Dop non obbliga l'utilizzo del latte di capra, ammette un' integrazione dell'alimentazione da pascolo, e permette di usare fermenti autoctoni per valorizzare la microflora casearia spontanea."
“ Ma
allora è più buono?”
“ E’ sicuramente diverso. Per esempio la presenza
del latte di capra conferisce al formaggio un aroma più pronunciato e più persistente;
così la salatura a secco riesce a creare una crosta più sottile e quindi più adatta
a una lenta maturazione. L’aroma del formaggio derivante da un latte di vacche
alimentate con solo pascolo ha eleganti sfumature di erba. La presenza del latte
di capra permette anche una maggior sicurezza nella futura lunga maturazione
del Bitto che può arrivare a una conservabilità di dieci anni. Però non bisogna dimenticare che anche diversi produttori del bitto DOP utilizzano il latte di capra. ”
“Quindi il Bitto storico è più buono." Ha insistito il mio interlocutore.
“E’ diverso. Può anche piacere di più. Ma la caratteristica
del Bitto, prodotto negli alpeggi di tutta la provincia di Sondrio, è quella di
essere un formaggio a latte crudo. In tutti i casi, il latte appena munto è
subito lavorato e la lavorazione è fatta due volte al giorno, subito dopo la mungitura, con sistemi ancora artigianali. In tutti i casi, le vacche pascolano libere negli alpeggi ricchi
di erba di alta montagna per due o tre mesi. Sono questa le caratteristiche che permettono
di avere un grande formaggio.
“Ma perché nella DOP la zona di
produzione è stata allargata a tutta la provincia?”
“Nessuno disconosce che la zona
storica del Bitto sia quella compresa dalle valli attraversate dal torrente
omonimo, ma non si può dimenticare che in quel lontano 1994/96 le indicazioni
delle politiche agricole per avere i riconoscimenti nazionali ed europei riguardanti le
denominazioni erano l’allargamento più ampio possibile delle zone di produzioni
perché era necessario garantire una certa produzione.
Ma con il senno di poi posso dire
che è stata una scelta coraggiosa e giusta
per l’economia della provincia, perché ha permesso la giusta valorizzazione di tutti gli alpeggi del nostro territorio e di tutta la filiera casearia. La transumanza è una pratica che appartiene
alla storia dei contadini della valle, che proprio nella trasversalità dell’approvvigionamento
del foraggio hanno potuto mantenere un numero adeguato di vacche per il
sostentamento della propria famiglia.
L’allargamento della zona di
produzione a tutta la provincia di Sondrio ha permesso la difesa di un
territorio che diversamente avrebbe potuto portare a un abbandono generalizzato
degli alpeggi, con grosse conseguenze per il presidio, la salvaguardia e la
manutenzione delle nostre montagne.”
“ Per cui lei difende l’allargamento
della zona di produzione.”
“ Sì. Ma soprattutto difendo un
formaggio a latte crudo, prodotto negli alpeggi di tutta la provincia di
Sondrio. Un formaggio che messo in bocca ci crea sensazioni di piacevolezza per il suo gusto, per il suo aroma, perché è un formaggio a latte crudo prodotto in alta montagna. Un formaggio che ha permesso sicuramente di valorizzare l’enogastronomia della
Valtellina e della Valchiavenna e che ha fatto da traino anche ad altri prodotti.
E’ giusto riconoscere la specificità
e peculiarità del Bitto storico, è giusto che il consumatore conosca le
differenze produttive per decidere cosa acquistare, ma è giusto
ricordare che anche negli alpeggi della Valmalenco, della Val Chiavenna, dell’Alta Valle, le vacche
pascolano libere e il latte crudo, appena munto, è ancora lavorato in alpeggio in maniera artigianale."
Terminata la discussione, abbiamo
continuato la degustazione e mettendo in bocca un pezzetto di Bitto, abbiamo sentito
l’odore dell’erba di montagna, abbiamo percepito le caratteristiche tipiche di
un formaggio a latte crudo.
Non ricordo la provenienza di quel formaggio, ricordo
solo che è piaciuto a tutti e che diversi dei partecipanti alla degustazione
sono andati ad acquistarlo tra le tante bancarelle posizionate in Piazza
Garibaldi e in Corso Italia dove era presente sia il Bitto Dop sia il Bitto
storico.
PS per onore di cronaca ricordo che il concorso “la combinada”, organizzato durante la
manifestazione “ Formaggi in Piazza”, è stato vinto da Duca Carlo di Talamona, produttore di Bitto
storico.
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